«Basta ipocrisie, la politica dia una risposta»

Alessandra Buzzo va all’attacco: «Con la volontà si possono risolvere anche i problemi più grossi»

PIEVE DI CADORE.

«Servono politiche adeguate per la montagna, è necessario che gli alti livelli della politica abbiano una maggiore attenzione verso le Dolomiti, patrimonio dell’umanità. Quell’umanità che in questo modo si cerca di allontanare da qui»,

La notizia della chiusura del punto nascite dell’ospedale di Pieve di Cadore, ha fatto ieri il giro di tutto il Cadore arrivando fino in Comelico. E fino al sindaco di Santo Stefano, Alessandra Buzzo.

Sebbene a queste situazioni la parte alta della provincia bellunese sia in parte abituata perché negli anni molti sono stati i tentativi di ridurre i servizi, la battaglia dei comitati cittadini e degli amministratori in molte occasioni ha sortito gli esiti sperati: ma ora la partita si fa più complicata. In gioco, infatti, ci sono parametri che esulano dalla volontà dell’azienda sanitaria, come appunto la carenza di medici e di personale che vogliano investire la propria vita in montagna.

Lo sa bene anche il sindaco Buzzo, che è anche rappresentante delle terre alte nella Conferenza dei sindaci dell’Usl 1. «Il sindaco di Pieve mi ha avvisato di quanto stava accadendo», precisa Buzzo, «e devo ammettere che questo mi preoccupa moltissimo. Il problema è il solito, quello che mette in ginocchio i nostri servizi: nessuno vuol venire a lavorare in montagna. Lo abbiamo visto anche con la scuola e con i disagi che stanno subendo gli studenti perché la montagna non è appetibile», prosegue Buzzo. «Ma quanto accaduto al punto nascite è inaccettabile, come è inaccettabile che non si possano avere i servizi di sicurezza in montagna. Dobbiamo garantire ai nostri cittadini di poter partorire in sicurezza. Se mancano questi presupposti, lo spopolamento si accentuerà. Chi tra le coppie giovani vorrà venire ad abitare in aree dove non è garantita nemmeno la possibilità di mettere al mondo i propri figli? In questo modo siamo condannati a morire», precisa la prima cittadina.

E allora cosa fare? «Dobbiamo chiederci, a questo punto, se vogliamo o meno che la gente continui ad abitare qui. Tutti si riempiono la bocca del fatto che la montagna deve vivere, che debba essere tutelata e salvaguardata, ma la realtà dei fatti dimostra il contrario. È ora di smetterla con le solite ipocrisie: serve onestà intellettuale. I problemi, con la volontà, si possono risolvere». (p.d.a.)

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