Bellini in pensione: «Lascio un territorio diviso e più egoista»

BELLUNO. «Lascio un sindacato coeso. È stata per me un’esperienza importante e molto formante, ma all’età di 63 anni è venuto il momento di andare in pensione. E al mio successore Mauro De Carli dico...

BELLUNO. «Lascio un sindacato coeso. È stata per me un’esperienza importante e molto formante, ma all’età di 63 anni è venuto il momento di andare in pensione. E al mio successore Mauro De Carli dico che non sarà solo al comando, perché lui sarà il coordinatore di un gruppo molto unito».

A Ludovico Bellini, ex segretario generale della Cgil di Belluno, dispiace lasciare la “grande famiglia del sindacato” in cui era entrato 39 anni fa. «Nella mia carriera ho passato tutte le categorie, fino ad approdare quattro anni fa alla segreteria generale. Un’esperienza eccezionale, anche se ho avuto la sfortuna o fortuna di trovarmi alla guida nel periodo di crisi. Ma sono fiero di essere stato uno dei sostenitori della Provincia, pur non essendo bellunese. Ho sempre cercato di dare il meglio di me stesso e durante il mio mandato abbiamo acquisito la sede nuova del patronato Inca e dello Spi e aperto una sede a Sedico. Questo perché vogliamo restare sul territorio».

Bellini, però, ha due rammarichi: «Il commissariamento di palazzo Piloni, purtroppo, ci ha fatto perdere tempo ed energie importanti per salvare questo territorio, perché non abbiamo avuto risposte dalla politica, come anche ora faticano ad arrivare».

Ma quello che nota è anche un cambiamento nella mentalità e nel modo di essere dei bellunesi, un cambiamento che un po’ rattrista l’ex segretario. «Quando sono arrivato a Belluno nel 1989 questa provincia era più ricca di idee, più viva, vivace e aveva un forte senso solidaristico. La lascio sempre ricca economicamente, ma c’è molto più egoismo rispetto al passato. La crisi sta portando il bellunese ad arroccarsi per difendere il proprio orticello. E questo non va bene. Vedo una provincia meno coraggiosa e questo vale per gli industriali, ma anche per la politica. Nessuno vuole mollare il suo pezzetto di ragione per una ragione condivisa, e questa è una debolezza di cui pagheremo sempre lo scotto. Dobbiamo cambiare atteggiamento, diventando propositivi, ma anche facendo bene i compiti assegnatici, per avere più forza per rivendicare quello che ci spetta». (p.d.a.)

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