Bellunesi bloccati in Nepal: «Rientrare è impossibile»
BELLUNO. Salvi, per la seconda volta. Una nuova scossa, di magnitudo 6,7, ha colpito il Nepal ieri mattina (alle 9 ora italiana), proprio mentre l’alpinista cadorino Marco Sala era tornato al campo base 1 in cerca di alcuni oggetti essenziali. Dopo il terremoto di sabato, Sala e i suoi compagni di spedizione sono scesi il più possibile fino a Gorashep dove hanno passato la notte, ma nel campo base devastato dalla valanga avevano perduto telefoni, passaporti, gran parte delle loro cose. Per questo motivo sono dovuto tornare indietro proprio nel momento in cui la nuova scossa provocava il distacco di un seracco di ghiaccio che è caduto per 800 metri fino a interessare, di nuovo, la tendopoli degli alpinisti dove il numero dei morti rimane altamente incerto. Sala comunque è al sicuro, come conferma la moglie Cristina: «L’ho sentito oggi alle 7 (riferiva ieri, ndr) e più tardi ho avuto notizie via Twitter. Stanno bene, l’intenzione è quella di rientrare, ma non è facile».
L’alpinista di Borca di Cadore, 50 anni, partecipa a una spedizione vicentina guidata da Mario Vielmo con Sebastiano Valentini, Annalisa Fioretti e Claudio Tessarolo, che si sono salvati perché avevano piantato le tende al limitare del campo base 1, dietro ad un blocco di pietra e ghiaccio che ha fatto da barriera al materiale sceso dall’Everest. Non è chiaro se gli alpinisti abbiano ritrovato le loro cose, ma a questo punto l’obiettivo è lasciare il Nepal prima possibile: «Per evitare 8 giorni di cammino», spiega ancora Cristina Sala, «l’unico modo di raggiungere Kathmandu è volare con i piper che partono dal piccolo aeroporto di Lukle, dove però è tutto bloccato a causa del maltempo».
Le poche parole affidate ai social da Marco e Annalisa sono drammatiche: «Al campo base è come una guerra ci sono 200 persone bloccate al c1 e c2, oggi qualche elicottero è volato ma non abbastanza. C'è una striscia bianca dove la valanga ha spazzato, noi siamo dei miracolati, c'è materiale sparato ovunque lontano centinaia di metri. Tende distrutte e la terra continua a tremare. Ogni rumore ci fa saltare. Oggi sono stati evacuati i feriti e il campo è pieno di cadaveri che abbiamo impacchettato o coperto. Un disastro». Il numero dei dispersi, infatti, è ancora in certo ma si tratta di centinaia di alpinisti. Il maltempo sta causando problemi anche alle comunicazioni: il telefono satellitare di Sala è muto perché la batteria si è scaricata e i pannelli solari non lavorano.
Sono già a Kathmandu, invece, ma non riescono ancora a partire altri due cadorini: Vincenzo Gaspari di Cortina e Roberto Paracone di Domegge, che hanno fatto due settimane di trekking lungo il percorso di avvicinamento all’Everest, proprio in compagnia di Sala e gli altri.
«L’ho sentito via messaggio dopo la seconda scossa forte di oggi», spiegava ieri la figlia Elena, «l’albergo dove alloggiavano è stato chiuso, hanno dormito nel giardino in tenda e ora si trovano dentro un furgone all’esterno dell’aeroporto con la speranza di imbarcarsi in fretta». Il loro rientro era previsto per ieri, ma lo scalo di Kathmandu è rimasto chiuso per molte ore e la confusione è notevole.
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