Belluno, a rischio 5 uffici del giudice di pace

Potrebbe rimanere soltanto quello del capoluogo. La Cisl protesta: «Un danno per i cittadini»
Il tribunale di Belluno
Il tribunale di Belluno

BELLUNO. La giustizia in provincia di Belluno si prepara per una grande riorganizzazione, dove a farne le spese, se le ipotesi contenute nella spending review saranno confermate, saranno esclusivamente i cittadini bellunesi.

I tagli più drastici dovrebbero interessare, se la riforma della geografia giudiziaria andrà in porto, il giudice di pace. Attualmente in provincia sono cinque gli uffici: Belluno, Agordo, Cortina, Pieve di Cadore e Feltre. Di questi dovrebbe rimanere un unico ufficio, quello del capoluogo. Tutti gli altri saranno chiusi, il personale spostato a Belluno e in parte riassegnato tra il giudice di pace e il tribunale. «A dire la verità, se anche questo ridimensionamento dovesse avvenire», precisa il coordinatore dei giudici di pace provinciale, Luigi Cavalet, «per noi non cambierebbe nulla. Le cause continueremmo a portarle avanti. Anzi, già oggi, l’ufficio di Agordo è centralizzato a Belluno per quanto riguarda la cancelleria, mentre siamo costretti ad andare ad Agordo per le udienze. Ne beneficerebbe comunque anche il tribunale, visto che il personale sarà diviso tra noi e loro. Gli unici a farne le spese sarebbero gli utenti costretti a farsi chilometri di strada da Cortina o da Lamon per un’udienza a Belluno».

Un taglio potrebbe toccare anche alla sede staccata del tribunale di Pieve di Cadore. Della sua chiusura si parla ormai da tempo, anche se ancora non è stata realizzata e sulla bontà della scelta nutre qualche perplessità lo stesso presidente del tribunale di Belluno, Trentanovi che in una lettera inviata al sindaco si dice a favore della chiusura, ma ribadisce che «nel territorio ci sono grosse difficoltà per i trasporti e la mobilità delle persone».

Ma i sindacati non ci stanno. «L’apertura degli uffici giudiziari periferici», precisa Angelo Costanza della Cisl Fp (a nome anche delle altre sigle) che ieri era a Venezia insieme a una delegazione dei dipendenti del comparto per protestare contro tagli e accorpamenti, «è imposta nella nostra provincia per un motivo contingente: qui siamo in montagna e non possiamo costringere i cittadini a fare chilometri di strada con disagi in inverno per neve e ghiaccio per seguire un’udienza. È una questione di specificità», continua Costanza. Per il sindacalista gli sprechi sono da ricercare altrove: «Perché i politici ancora non si sono tagliati i loro privilegi? Anche la riduzione del 10% del personale previsto nella spending review è fasulla visto che si tratta di dipendenti che andranno in pensione».

Intanto anche il mondo della scuola è in agitazione. «I 40 impiegati dell’Ufficio scolastico territoriale, dopo l’assemblea, hanno deciso di redigere un documento di protesta per evitare che si sposti un servizio così importante a Venezia. Far saltare l’Ust significa non garantire le nomine dei docenti e una serie di servizi. Ci opponiamo categoricamente ai tagli indiscriminati in provincia». (p.d.a.)

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