Belluno, accordo per realizzare un impianto idroelettrico sul Vajont SONDAGGIO

Sfrutterà le acque del bacino e sarà realizzato in località Ponte Campelli. Non avrà un impatto sul luogo, ma sulla memoria del disastro di 47 anni fa, in cui morirono duemila persone
CASTELLAVAZZO. Un impianto idroelettrico per sfruttare le acque del torrente Vajont. Sarà costruito a Ponte Campelli nel comune di Castellavazzo. L'idea di sfruttare economicamente la forza della natura non è nuova.


E questa volta sembra che le amministrazioni di Castellavazzo, Longarone ed Erto e Casso, abbiano deciso di fare sul serio. Non prima però di aver condiviso la scelta con la comunità. Lo scorso 28 ottobre infatti, i tre comuni hanno siglato un accordo di programma per suggellare la bontà dell'iniziativa, il cui interlocutore tecnico sarà Bim Gestione Servizi Pubblici. «L'impianto», si legge nell'accordo, «non interferisce nel bacino del Vajont, non crea turbative di carattere ambientale, poichè l'acqua utilizzata viene subito scaricata a valle, è di scarso impatto sul luogo, per cui l'iniziativa è rispettosa di precedenti decisioni prese dalle amministrazione comunali e della popolazione locale».




Non avrà un impatto sul luogo, ma sulla memoria senza dubbio. Ed è questa la maggiore preoccupazione dei sindaci firmatari del patto. «Il nostro desiderio», spiega il primo cittadino di Longarone Roberto Padrin, «è condividere questo passo con la comunità. Per noi la questione morale arriva prima di tutto». Venerdì 19 novembre gli amministratori incontreranno il comitato dei sopravvissuti e l'associazione dei superstiti. Due gli appuntamenti: il primo alle 19 nella sala consiliare del comune di Erto e Casso, il secondo alle 20.30 al centro culturale di Longarone. Una volta ottenuto il placet dello «zoccolo duro», i comuni provvederanno ad allargare il consenso all'intera popolazione. «Abbiamo pensato di tenere distinti gli incontri», continua Franco Roccon sindaco di Castellavazzo, «perchè i nostri interlocutori sono portatori di esigenze diverse: i primi giustamente difendono la memoria, i secondi vivono oggi sui territori devastati un tempo dalla tragedia, ma guardano al futuro». L'idea di sfruttare a fin di bene l'acqua del Vajont si spiega, secondo gli amministratori, proprio per consegnare una prospettiva diversa alle nuove generazioni. «Stiamo cercando di impostare», prosegue il primo cittadino di Erto e Casso Giuseppe Pezzin, «un lavoro che ci consentirà, visti i continui tagli alle amministrazioni locali, di avere risorse disponibili da utilizzare per il recupero e la valorizzazione dei centri storici. L'iter sarà lungo, abbiamo iniziato un percorso che certamente consegneremo nelle mani degli amministratori che ci succederanno». I sindaci sollecitano a guardare la partita con occhi obiettivi, non più solo nel ricordo delle vittime, ma anche in una prospettiva di apertura verso il nuovo che avanza. «Speriamo», commentano all'unisono, «che non ci siano contrasti, vorremmo che la memoria divenisse un traino per lo sviluppo futuro. Risponderemo alle contestazioni e ai dubbi, affinchè la centralina idroelettrica non venga intesa esclusivamente come puro ed innegabile sfruttamento di risorse naturali». Intanto le società En&En e la ditta Franchi Paolo e Martini Livio che hanno presentato da tempo l'istanza di concessione per l'utilizzo delle acque di bacino, hanno ottenuto il primo ok da parte della Regione Friuli Venezia Giulia, competente per territorio. Chissà se la potenza dell'acqua sarà in grado di appianare le divergenze e riunire passato, presente e futuro in un unico atto d'amore.

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