Belluno: accuse di falso, Caneve si difende e attacca

Querelle all'associazione industriali: l'interessato spiega la sua versione dei fatti sull'imputazione di falso. Nel suo mirino è Vascellari che ha anche denunciato per appropriazione indebita
Angelo Caneve contro Valentino Vascellari
Angelo Caneve contro Valentino Vascellari
BELLUNO.
«Vascellari ha una nostra denuncia per appropriazione indebita per aver asportato azioni di En&En e i libri sociali in due occasioni. Che sia una vendetta?». All'indomani dell'imputazione coatta per falso in scrittura privata, Angelo Caneve, presidente di En&En, passa al contrattacco, rivelando alcuni retroscena dell'intricata vicenda e raccontando la sua verità.  Caneve parte proprio dallo scritto che gli è costato l'imputazione per falso da parte del gip Aldo Giancotti. «Il documento dichiarato falso da Vascellari non è altro che uno schizzo in fotocopia che lui stesso mi ha consegnato il 6 novembre 2009 in un incontro presso Assindustra».  A quel tavolo - racconta Caneve - erano presenti dei testimoni. Non solo: «La data è confermata da documenti».  «Su quello schizzo», prosegue il presidente di En&En, «ho preso degli appunti per capire la costruzione societaria che mi stava proponendo».  Insomma, non ci sarebbe nessun falso: «Il fatto che si trattasse di meri appunti da me presi sulla fotocopia di uno schema redatto di pugno da Vascellari è stato espressamente precisato sin dall'inizio, sia al giudice, sia alla controparte». Il riferimento va al processo civile sulle azioni di En&En: «Processo che ha visto soccombente Vascellari», sottolinea Caneve, «nel tentativo di sequestro delle mie azioni, di mio papà e di Elio Tramontin». Tramontin, va aggiunto, è consigliere delegato di En&En.  «Gli appunti presi non alterano la sostanza dello schizzo. Infatti, rimangono inalterate le cifre e gli schemi», continua il presidente di En&En, che poi racconta anche la genesi di quello "schizzo".  «In precedenza, Vascellari mi aveva proposto uno schema societario, che era stato oggetto di nostre discussioni. Si caratterizzava», spiega Caneve, «per il mantenimento nel Bellunese della proprietà di En&En e per una congrua liquidazione del valore delle azioni dei soci di minoranza che eventualmente non avessero condiviso il progetto».  Questo nel mese di marzo, ma qualche mese dopo le cose cambiano: «Nello schizzo di novembre, invece, la costruzione fatta da Vascellari prevedeva di cedere una consistente parte di azioni ad un partner esterno e quindi non bellunese e in più penalizzava il valore delle azioni dei soci di minoranza».  Da qui la presa di distanze: «Era una soluzione che non potevo condividere non solo perché diversa da quella originaria ma anche perché non era e non è accettabile che una società espressione dell'imprenditoria locale, oltre a finire nelle mani di terzi, fosse fonte di possibili perdite di valore azionario per i soci di minoranza».  Insomma, a sentire Caneve, quel foglio - poi tacciato di falsità da Vascellari - «è servito solo a far vedere al giudice che la proposta di marzo era diversa da quella di novembre». E ancora: «Se avessi presentato anche solo la fotocopia di Vascellari avremmo ottenuto lo stesso risultato in giudizio».  In pratica, quello schizzo non avrebbe avuto nessun significato ai fini del processo sul sequestro delle azioni.  C'è poi una circostanza che lo stesso Caneve definisce "sospetta": «Pur conoscendo il documento da tempo, Vascellari ha atteso di perdere in giudizio prima di sporgere querela». Ma un sospetto tira l'altro: «Che sia una vendetta?», si chiede Caneve. «Vascellari ha una nostra denuncia per appropriazione indebita».  L'impressione è che sulla vicenda En&En ci sia ancora tanto da dire.

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