Belluno, alla scoperta delle chiese scomparse

Luoghi dimenticati della città: davanti alla sede della Provincia, dove c’è il parcheggio blu, sorgeva la chiesa delle Grazie e poco più in là la chiesa di San Giovanni Battista. Della chiesa di San Lucano rimane solo una preziosa pala d’altare esposta al museo nazionale di Varsavia. E che fine hanno fatto Santa Croce, San Giorgio delle Anime, San Giuseppe e Santa Giuliana? Santa Maria Nova è diventata prima magazzino del sale, poi sala di spettacoli


Ivan Ferigo
Chiesa di Sant'Andrea dopo il terremoto del 1873
Chiesa di Sant'Andrea dopo il terremoto del 1873

Un viaggio tra le chiese scomparse di Belluno. Una passeggiata per immergersi in angoli nascosti, antichi, “spariti” del centro storico, alla scoperta della loro storia. Ci mettiamo su queste tracce accompagnati dal racconto della guida turistica Marta Azzalini. Il percorso parte da piazza Duomo. «Di fronte al campanile, dove adesso c'è il parcheggio davanti al palazzo della Provincia, lì c’era la chiesa di Sant'Andrea. Una chiesa medievale voluta da Andrea e Pietro Bonaventura, nota anche con il nome di chiesa della Madonna delle Grazie. I fedeli vi si recavano infatti a chiedere una grazia alla Madonna. Lasciavano lì bigliettini, ex-voto in argento, tavolette dipinte oggi tra Palazzo Fulcis e il Museo Diocesano di Feltre. Tanto che, quando arriva Napoleone ai primi dell’Ottocento, si dice vengano portati via 30 quintali d’argento.

Non è però colpa dei francesi se la chiesa viene chiusa, ma del terremoto del 1873 che la danneggia fortemente: in seguito a quell’evento, viene demolita. Rimane però il nome della via, proprio in ricordo della chiesa». Spostando di poco lo sguardo, «in facciata al Duomo c’era la chiesa di San Giovanni Battista, che fungeva da battistero. Fu abbattuta, non per volontà dei bellunesi, a metà Cinquecento per ampliare la piazza. Siamo anche nel periodo in cui la cattedrale viene ricostruita, ruotata di 180 gradi. Si decise quindi di buttare giù il battistero e di spostarlo nella chiesa di San Martino, dov’è ancora oggi».

Muovendosi da piazza Duomo, «scendendo per via San Lucano, dove ora c'è una costruzione arancione che dà sulla strada, c’era la chiesa di San Lucano. Lì c’era la sede della Confraternita dei Fabbri e dei Mugnai: a ciò si lega tutto il discorso della produzione di spade lungo l’Ardo. Al suo interno c’era una bellissima pala d’altare di Paris Bordon, della prima metà del Cinquecento. Un’opera raffigurante Sant’Eligio, patrono di orafi e fabbri, con tenaglia e martello in mano, accompagnato da Santa Caterina d'Alessandria – protettrice dei mugnai – con la ruota dentata, da San Lucano e altri santi. Questa pala oggi si trova al museo nazionale di Varsavia».

Sant'Eligio nella pala di Paris Bordon, un tempo nella chiesa di San Lucano, oggi al museo nazionale di Varsavia
Sant'Eligio nella pala di Paris Bordon, un tempo nella chiesa di San Lucano, oggi al museo nazionale di Varsavia

Scendendo ancora verso Porta Rugo, si arriva in via Santa Croce, così nominata perché lì sorgeva una chiesa omonima. «Era una delle più ricche in assoluto di Belluno. Fondata nel 1356, era sede della Confraternita della Santa Croce, detta anche della dottrina cristiana, perché vi si insegnava il catechismo. Al suo interno c'erano tantissime opere d'arte di rilievo, tra cui dieci teleri dei più grandi artisti veneti della seconda metà del Cinquecento. A Belluno ne è rimasto solo uno, oggi al Museo Civico: la tela del Tintoretto con Cristo davanti a Pilato. E poi, tra le altre, il Martirio di Santa Lucia del Veronese, ora a Washington. Anche questa chiesa ha fatto la stessa fine di tante altre: Napoleone l’ha indemaniata e tutti i beni sono stati incamerati dallo Stato, e poi finiti in giro per il mondo. Moltissime di queste tele sono oggi in altre chiese del Veneto.

Dalla chiesa di Santa Croce, inoltre, dipendeva un ospedale, situato al tempo accanto all’attuale chiesa di San Biagio, a Borgo Prà. Un ospedale, in caso di malattie contagiose, utilizzato anche come lazzaretto, perché fuori dal centro storico. In altre occasioni venivano ospitati poveri. Era quindi un ospizio nel senso antico del termine, un luogo di ospitalità».

Tornando verso il cuore della città, «un’altra chiesa scomparsa è quella di San Giorgio delle Anime, nell’odierna piazza Mazzini. Quello che oggi è un grande palazzo bianco con appartamenti era una chiesa del Seicento, voluta negli anni Settanta del secolo dai nobili bellunesi a suffragio delle anime dei propri familiari. Infatti aveva lì sede la Confraternita delle Anime, che si impegnava per far risalire le anime del Purgatorio verso il Paradiso. Anche questa chiesa, con l’arrivo dei francesi, è stata chiusa e venduta ad un privato che ne ha fatto la propria casa. Di essa rimane l'altare principale in pietra, risalente al Settecento, oggi nella chiesa parrocchiale di Castion».

La tappa successiva si raggiunge attraversando piazza dei Martiri. «Dove oggi c’è la redazione del Corriere delle Alpi, lì sorgeva la chiesa di San Giuseppe. Costruita agli inizi del Cinquecento, quando si annunciava l’arrivo di Massimiliano I d’Asburgo con la Lega di Cambrai, contro la Repubblica di Venezia. Sembra che i bellunesi abbiano deciso di fondare questa chiesa lì perché in quella posizione avrebbe potuto essere un baluardo difensivo della città contro l’imperatore. Al suo interno si riuniva la Confraternita dei Marangoni, cioè dei falegnami e muratori. Di questo gruppo faceva parte anche Andrea Brustolon, che non era falegname, però scolpiva il legno, tanto che ha donato alla chiesa un crocifisso, del 1720 circa, ora conservato al Museo Civico. Nella chiesa, inoltre, c'era una pala importantissima, dipinta da Francesco Vecellio nel 1520 circa, oggi in una collezione a Houston, in Texas».

Dove adesso c’è il Cinema Italia, una volta c’era la chiesa di Santa Maria Nova. «Anche questa fondata in epoca medievale, nel Trecento. Vicino ad essa, nel Seicento furono eretti la chiesa di Loreto e il convento delle Clarisse. Era una delle più grandi della città, e aveva al suo interno un’importantissima statua di legno del 1481 di Andrea Bellunello: una scultura salvata dalle razzie napoleoniche, oggi conservata nella chiesa della Madonna della Strada di Cavarzano.

Anche Santa Maria Nova, con l'arrivo dei francesi, è stata chiusa e indemaniata, diventando magazzino del sale della città, e poi, tra fine Ottocento e i primissimi anni del Novecento, il salone degli spettacoli cittadino. Negli anni Venti il progetto viene affidato all’architetto Riccardo Alfarè, che nel 1921 trasforma lo spazio in quello che oggi è il Cinema Italia». L’itinerario tra i luoghi di culto scomparsi termina in piazza Castello, dove un tempo sorgeva la chiesa di Santa Giuliana. «Era la chiesa del Castello di Belluno. Fondata nel Duecento, la pietra di consacrazione è conservata nel lapidarium del Museo Civico. Divenne poi sede della Confraternita dei Lanaioli. In città tantissimi lavoravano la lana: infatti, nella località tra San Francesco e Borgo Prà, il Fol, c'erano gli opifici che follavano la lana, cioè producevano panni in feltro. Dalla chiesa all'interno del castello partivano i condannati a morte. Questi venivano lasciati la notte prima dell’esecuzione insieme ad un confessore, per poi la mattina essere condotti in piazza Campedel dove c’era la forca».

Un’ultima curiosità è legata ai cinque scalini dei giardini di piazza Castello, «che si dice riproducano quelli che servivano per entrare nella chiesa di Santa Giuliana. Alberto Alpago Novello quando ha progettato i giardini sembra che abbia mantenuto quest’idea».

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