In aumento il numero degli anziani indigenti: il Comune di Belluno sborsa 700 mila euro

Nel capoluogo aumenta del 63% il numero di anziani che chiede aiuto all’amministrazione per il pagamento delle rette delle case di riposo

Paola Dall’anese
Anziani all'interno di una Rsa bellunese
Anziani all'interno di una Rsa bellunese

Aumentano gli anziani che chiedono aiuto al Comune per sostenere il pagamento della retta della casa di riposo. Un fenomeno che gli inquilini di Palazzo Rosso conoscono bene, visto che negli ultimi cinque anni sono cresciute del 63% le richieste di compartecipazione alle spese dei centri servizi.

I numeri

È l’assessore comunale ai Servizi sociali Marco Dal Pont a spiegare la situazione. «Nel 2020 abbiamo sostenuto l’integrazione o il pagamento della retta della Rsa per 13 persone, tutte non autosufficienti: due erano adulti (over 50), cioè con disagi che, senza una rete familiare di sostegno, necessitano di un inserimento in strutture, i restanti erano 11 anziani, bellunesi in età avanzata che necessitano di cure specifiche.

Per costoro il Comune ha pagato 83.098 euro. Nel 2021 le persone aiutate sono state 19, sei adulti e 13 anziani, per un totale di 157.443 euro. La somma e gli utenti sono aumentati nel 2022, quando il sostegno è stato garantito a 15 anziani e 5 adulti per un totale di 179.897 euro. Nel 2023 è stato raggiunto il picco di cittadini aiutati, in tutto 21, per un ammontare di 155 mila euro. L’anno scorso, infine, sono stati 19 e per loro abbiamo dovuto sborsare 137.714 euro».

«Si tratta di cittadini residenti nel comune di Belluno che sono ospitati nella struttura gestita da Sersa a Cavarzano o in altri centri servizi della provincia», spiega Dal Pont. «A seconda dei casi, paghiamo tutta la retta o una integrazione alla quota laddove l’ospite non riesce a coprirla interamente: ecco perché le somme possono anche essere minori pur in presenza di un aumento delle persone aiutate».

Preoccupazione per il fenomeno

Il fenomeno è destinato ad aumentare con l’incremento della popolazione anziana, sempre più sola, senza una rete familiare – molto spesso i figli sono lontani o non ce ne sono – e con pensioni medio basse che faticano a far fronte ai rincari. Ne è consapevole lo stesso assessore che evidenzia come «i cambiamenti demografici avvenuti negli ultimi anni evidenziano un’importante crescita della quota di anziani dovuta alla riduzione della fecondità e all’aumento dell’aspettativa di vita».

Trasformazioni che vanno a impattare sulle reti sociali: «Nel tempo si è registra to un aumento del numero delle famiglie e una diminuzione della loro dimensione: la conseguenza è una riduzione della loro capacità di supporto. Le famiglie che si ritrovano ad affrontare la difficoltà di gestione dell’anziano a domicilio, si trovano costrette a scegliere la struttura più adeguata alle sue esigenze».

L’assessore fa notare che, come riportato nella legge 328/2000 all’art. 24, il Comune ha l’onere di coprire le spese di eventuali strutture ai cittadini residenti indigenti dopo una valutazione della loro disponibilità economica: «Ed è quello che stiamo facendo con sempre maggiore frequenza, visti i numeri».

Le politiche da attuare

In un contesto demografico radicalmente mutato – secondo l’amministratore dei Servizi sociali – «non si può solo parlare di anziani in termini di sostenibilità della spesa sanitaria-assistenziale, ma si deve ripensare l’intero assetto della società. Tale ripensamento è dato da una struttura demografica fortemente squilibrata, in cui aumentano le generazioni tra di loro conviventi. Per questo motivo dico che va ripensata l’organizzazione dei servizi in una prospettiva intergenerazionale».

Per evitare questa tendenza che è destinata a creare non pochi disagi agli enti locali, per l’assessore Dal Pont sono necessarie politiche a supporto della famiglia: «Se riusciamo ad aumentare il numero di coppie, potremmo avere anche la ricostituzione di quella rete sociale e familiare che potrebbe ridurre le persone sole e in difficoltà economica».

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