Belluno, aumenti per i servizi domiciliari. Sersa: «Dobbiamo coprire le spese»

Nuove tariffe, dal primo gennaio, per i servizi territoriali di assistenza domiciliare e di consegna pasti a domicilio gestiti da Sersa. Gli aumenti, scattati su base Isee, sono stati votati a fine anno dal consiglio comunale, accompagnati dalle critiche dei gruppi di opposizione.
Assistenza domiciliare
Il servizio volto alla cura della persona (dall’igiene personale alla vestizione al governo dell’alloggio) contava al 30 novembre 63 utenti per un totale di 499 ore di servizio in un mese. Il nuovo costo orario del servizio è salito a 29 euro. Un balzello che produce un aumento della tariffa di due euro per un reddito Isee tra zero e 15 mila euro, di tre euro per le famiglie con Isee tra 15.001 a 30 mila euro e di quasi 4 euro per redditi Isee superiori ai 30 mila euro. Il Comune andrà a calmierare le quote, investendo 49.803 euro. In poche parole, se una famiglia ha un Isee da 0 a 5mila euro, pagherà 4,30 euro invece dei 2,30 del 2022 al giorno; i restanti 24,70 saranno sostenuti dal Comune.
Servizio pasti
Per la consegna dei pasti a domicilio, che oggi interessa 79 utenti, la tariffa piena è salita a 11 euro, il che comporta un incremento di 0,75 euro per ciascun utente: chi ha un Isee da 0 a 10 mila euro pagherà 7 euro invece dei 6,25 euro del 2022 e via via fino alla fasce più alte. In questo caso, per calmierare la tariffa il Comune interverrà con 34.100 euro.
La parola a Sersa
«Si tratta di aumenti», precisa l’amministratore unico Giuseppe Montuori, «che abbiamo dovuto assumere in seguito all’incremento delle spese». Su questo fronte il bilancio di Sersa è chiaro: se nel 2020 la spesa per il gas da gennaio a settembre era pari a 45.510 euro, nello stesso periodo del 2022 la stessa è passata a 168.055 euro, con una crescita di 122.495 euro; per l’energia elettrica, sempre nello stesso periodo dei due anni presi a riferimento, la spesa è aumentata di 113.084 euro (da 51.806 a 164.891). «Con le bollette che aumentano abbiamo dovuto anche noi rivedere le tariffe, anche se il Comune viene incontro agli utenti calmierandole», sottolinea Montuori. «Resta comunque sottinteso che, qualora un utente non dovesse farcela a pagare la sua quota, il servizio sarà comunque garantito».
Alla fine, per cercare di contenere gli esborsi degli utenti sia per questi due servizi, sia per il centro diurno e la casa di riposo (dove gli aumenti alle rette sono scattate a settembre scorso), palazzo Rosso dovrà sborsare 403.030 euro.
Il nodo personale
Per tornare ad avere i conti in ordine, Sersa dovrà trovare nuovo personale e riempire i posti letto della rsa. Per questo motivo la società ha presentato un piano che prevede, già nel corso del primo semestre, il progressivo aumento dei posti letto occupati, passando dagli attuali 125 ai 145 di giugno fino ai 154 di dicembre. Questo perché prevediamo un aumento degli ospiti di primo livello di assistenza, che da 76 passeranno a 103. «Stiamo facendo di tutto per reclutare nuovo personale», precisa l’amministratore unico. Lo scenario finanziario 2023 sarà quindi condizionato dalla capacità di Sersa di saturare i posti letto, recuperando risorse umane. La priorità della società è garantire il servizio della rsa e gli standard previsti: «Se nel peggiore dei casi non si trovasse il personale, dovremo rivedere l’organizzazione e valutare l’economicità dell’esternalizzazione di alcuni servizi di supporto», precisa Montuori.
La critica dei sindacati
«Gli anziani in questo momento sono in difficoltà, perché le rivalutazioni delle loro pensioni non coprono gli incrementi delle bollette di luce e gas e del caro vita. Gli aumenti delle tariffe dei servizi domiciliari arrivano così in un momento poco adatto. Sarebbe opportuno che, prima di decidere aumenti che incidono sulle tasche di chi vive in disagio, i sindacati dei pensionati venissero almeno informati». I segretari Maria Rita Gentilin (Spi Cgil) e Maurizio Cappellin (Fnp Cisl) sono critici rispetto a questi aumenti scattatati dal primo gennaio in Sersa. «Le rette delle case di riposo sono state adeguate in quasi tutte le strutture, ora si aggiungono anche questi rincari che arrivano in un momento già difficile», dicono i sindacalisti dei pensionati. «E poi», aggiunge Gentilin, «abbiamo visto che gli aumenti maggiori vanno a incidere proprio sui redditi bassi».
Gentilin e Cappellin chiedono prima di tutto ai Comuni di far partire la prima fascia di redditi Isee da zero a 9.300 euro, «perché la povertà rientra fino a queste somme di reddito. E poi diventa sempre più importante che le amministrazioni comunali si confrontino con noi. La contrattazione sociale che facciamo ogni anno serve proprio a illustrare i disagi e i bisogni di una categoria fragile come quella degli anziani e dei pensionati». I segretari dello Spi e della Fnp chiedono quindi alla giunta di Belluno di essere convocati per iniziare a mettere sul tavolo alcuni problemi che vanno risolti in maniera uniforme. «Visto che le criticità aumentano nel tessuto sociale è necessario che gli enti ne parlino con noi». —
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