Belluno: calvario in corsia, arriva il risarcimento

220 mila euro per le conseguenze di un intervento mal riuscito a Pescara: risarcita una paziente di 75 anni
BELLUNO.
Doveva essere un intervento risolutore dopo un infarto. Ma quello dell’ospedale di Pescara s’è rivelato un calvario sanitario per una paziente bellunese di 75 anni. Ed ora, dopo una lunga trattativa, a distanza di poco più di due anni dal fatto, la donna è stata risarcita con 220.000 euro.

Un maxi risarcimento per un grave danno fisico. La signora ha infatti subìto una contrattura permanente della mano destra.

Il fatto risale al 18 ottobre 2008 quando la pensionata si trovava presso alcuni parenti in Abruzzo. In seguito a un infarto, la signora fu sottoposta ad una coronografia presso il reparto di cardiologia dell’ospedale di Pescara. La delicata operazione si rivelò subito piuttosto tribolata. L’intervento tentato attraverso un’arteria dell’avambraccio destro (una puntura arteriosa radiale) non riuscì e costrinse i sanitari abruzzesi a ripetere l’operazione attraverso l’arteria femorale.

Questa volta, l’intervento sembrava, in apparenza, riuscito. Ma dopo l’operazione, la pensionata iniziò ad avvertire dei dolori lancinanti alla mano e all’avambraccio destri con un costante aumento dell’edema. Medici ed infermieri vennero informati ma, evidentemente, si ritenne che i dolori facessero parte dei classici sintomi da decorso post-operatorio. Solo alla fine di ottobre, la paziente fu sottoposta ad un esame elettromiografico che rilevò un quadro di grave sofferenza neurogena a livello dei nervi “mediano-ulnare e radiale” destri.

Nonostante ciò, il 4 novembre, 17 giorni dopo il primo intervento, la donna fu dimessa coi dolori a mano e avambraccio destri. Dolori che non convinsero la signora né i suoi familiari costringendola a sottoporsi a visite presso altre strutture sanitarie. Visite che accertarono che la lesione all’avambraccio destro era di notevole gravità e tale da comportare una grave deficienza sensitivo-motoria.

La via crucis sanitaria è passata attraverso un nuovo intervento chirurgico, nell’aprile 2009, presso una clinica privata di Firenze, al solo scopo palliativo, di lenire le sofferenze, dal momento che il danno era irreparabile.

A quel punto, la pensionata s’è rivolta all’avvocato Luca Di Pangrazio (studio Di Pangrazio - De Zorzi - Allegro) per avviare una causa penale e civile contro l’Usl di Pescara, forte anche di una consulenza del medico legale di fiducia che accertò la “Sindrome di Volkmann” causata dal non aver effettuato una fasciotomia all’avambraccio destro nell’immediatezza dell’intervento e del formarsi dell’edema. La “Sindrome di Volkmann” è una contrattura permanente della mano e del polso con conseguente deformità simile ad artigli della mano e delle dita, che rende l’estensione delle dita stesse molto limitata e dolorosa. Pochi giorni fa, la compagnia assicurativa dell’Usl di Pescara, la Qbe Insurance Limited, ha accolto la richiesta dello studio legale Di Pangrazio - De Zorzi - Allegro risarcendo la paziente con 220.000 euro.

Riproduzione riservata © Corriere delle Alpi