Belluno: contro i cavi «killer» ora si muove il soccorso alpino

Due proposte di legge, una nazionale e una regionale, per metterli al bando
La presentazione delle proposte di legge nella sede del Cnsas, in alto i resti di Falco
La presentazione delle proposte di legge nella sede del Cnsas, in alto i resti di Falco
BELLUNO. Impossibile vedere quei cavi, impossibile distinguerli dal resto della vegetazione, impossibile quindi accorgersene. E' da un anno che il Soccorso alpino di Belluno si interroga sulla morte assurda dei quattro "angeli delle Dolomiti" che erano a bordo di Falco, ed è da un anno che sta studiando un modo concreto per ricordarli, ma soprattutto per evitare tragedie analoghe in futuro. Da qui la presentazione di due proposte di legge sugli ostacoli al volo. Nel Bellunese le insidie non si contano, dai cavi dell'alta tensione alle teleferiche, diffuse soprattutto nel Feltrino.
Gli uomini del Cnsas non vogliono rassegnarsi e reclamano cieli più sicuri. Né più né meno di quanto accade in altri paesi. Ma non occorre andare distante: in Alto Adige una legge in materia è stata adottata cinque anni fa. E pensare che all'indomani della tragedia di Falco - era il 22 agosto 2009 - tutti si erano detti pronti a metterci una pezza. «Sembrava che la questione dei cavi non segnalati sarebbe stata risolta immediatamente e invece il silenzio ha ammantato tutto», è l'amara constatazione del capo delegazione Fabio Rufus Bristot. Ma è da questa amarezza per uno Stato che non decide, che i tecnici del Soccorso alpino hanno scritto due proposte di legge, una nazionale, l'altra regionale. La prima sarà consegnata al ministro degli Interni Roberto Maroni, la seconda ai consiglieri regionali bellunesi "invitati" a trovare una maggioranza trasversale per un'approvazione veloce e indolore. La premessa. Prima di scrivere le due bozze, Rufus e i suoi uomini hanno fatto le pulci alle normative in vigore, scoprendo come le leggi più "organiche" in materia siano datate 1942 e 1981. C'è anche un intervento del luglio 2005 ma è parziale. «La legislazione è schizofrenica», allarga le braccia il capo delegazione. Non va meglio a livello regionale: in Veneto manca una disciplina relativa alle funivie in servizio privato e alle teleferiche sia di carattere permanente che temporaneo, come invece c'è già da qualche anno a Bolzano. La questione non è affatto secondaria, come dimostra proprio l'esperienza bolzanina. In poco meno di tre anni, tra le verdi valli dell'Alto Adige, sono state recensite oltre 4200 teleferiche, tutti ostacoli potenziali (e mortali) per un volo libero. Appello ai sindaci. Oltre alle due proposte di legge, il Cnsas lancia anche un appello concreto ai sindaci perché adottino delle ordinanze per la rimozione delle teleferiche e dei cavi a sbalzo abusivi. «Sono davvero tanti», affermano i tecnici del Soccorso alpino, a cominciare da chi nei cieli ci lavora. L'invito a segnalare cavi "fantasma" e teleferiche posticce è rivolto anche ai normali cittadini: «C'è bisogno di una vera cultura della sicurezza». Paradossalmente, in provincia di Belluno, la situazione è quasi più critica nella parte bassa che in quella alta. Tra i territori da bollino rosso ci sono il Feltrino occidentale, da Lamon al lago del Corlo, alle valli di Seren e di Schievenin a Quero. Il messaggio di Fabio Rufus Bristot è forte e chiaro: «Con le persone che muoiono a causa dei cavi non si può più scherzare. Con le persone che muoiono mentre salvano altre persone si può scherzare ancora meno».

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