Belluno curerà i malati di osteomielite

L’ex primario Centofanti, licenziato e mai più contattato, sollevato per la soluzione. Ma i suoi pazienti protestano

CORTINA. «La soluzione per i pazienti malati di osteomielite è rivolgersi al San Martino di Belluno. La rassicurazione mi è arrivata da Ermenegildo Francavilla, direttore dell’unità di malattie infettive dell’ospedale bellunese». Così, il dottor Francesco Centofanti, ex primario del Codivilla-Putti di Cortina, sta rispondendo ai pazienti dopo che il nosocomio ampezzano è stato chiuso. «Ora sono più sereno», dichiara Centofanti, «mi ha infatti telefonato il dottor Francavilla e mi ha detto che posso indirizzare a Belluno tutti i pazienti che sino al 29 aprile seguivo al Putti. Al San Martino si sono attrezzati per i ricoveri. L’osteomielite infatti non è una patologia che viene curata in ambulatorio, i malati necessitano del ricovero per avere le cure adeguate. Francavilla mi ha spiegato che a seconda del paziente potrà trovare conforto o nel reparto di Ortopedia, se necessita di interventi chirurgici, o nel reparto di infettivologia se necessita di cure legate alle infezioni ossee. L’osteomielite è una malattia che si cura in equipe, tra chirurghi, ortopedici, internisti, infettivologi».

Al Codivilla nel contempo Oras e Usl Dolomiti continuano a lavorare per riaprire anche l’ortopedia e la riabilitazione da giovedì primo giugno. «Del nostro ospedale so poco», chiosa Centofanti, «io sono stato licenziato il 29 aprile, e sebbene abbia dato la mia disponibilità per continuare ad operare, nessuno mi ha ancora chiamato. A me comunque stava a cuore solo l’interesse dei miei pazienti. Ora che so che a Belluno si sono attrezzati per curarli sono sereno».

Gli ex pazienti del Putti, però, vorrebbero che tutto tornasse come prima. Su Facebook il tam tam per chiedere la riapertura del reparto dedicato all’osteomielite è continuo. I malati hanno scritto alle Iene, a Striscia la notizia, a vari giornalisti di altre testate nazionali, ma per ora non hanno ricevuto risposte.

«Noi ci sentiamo abbandonati», ammette Giuseppe Scaglione, «senza il Putti non sappiamo dove andare. Io ho l’osteomielite dal 2006, e sono in cura a Cortina dal 2007 dove ho subito otto interventi, ma sono sempre uscito dal Putti con le mie gambe. Ora ho paura che mi venga amputato il piede. La malattia è cronica e non si ferma. Io vivo a Portopalo di Capo Passero, in Sicilia e qui non ci sono strutture che curano questa malattia. Ho ritirato i referti delle analisi del sangue e ho la Ves altissima, che indica come l’infezione continua. Ho molto male al piede. Con questa malattia si vive male, ma almeno avevamo la speranza che al Putti dopo vari cicli di terapia, potevamo uscire sulle nostre gambe, senza amputazioni. A Cortina abbiamo trovato una famiglia ad accoglierci, medici ed infermieri straordinari che ci hanno sempre seguito in tutto. Noi», conclude Scaglione, «chiediamo solo che il Putti venga riaperto per poterci continuare a curare con specialisti come abbiamo sempre fatto».

Alessandra Segafreddo

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