Belluno domani, intervista a Boito: «Bisogna creare sinergia tra Venezia e le Dolomiti»

La ricetta di Luigino Boito, anima del Circolo cultura e stampa bellunese «I musei della laguna sono ricchi di opere bellunesi: ci vuole un gemellaggio»

BELLUNO. Uscire dall’isolamento e aprirsi alle collaborazioni. Una ricetta che Luigino Boito, anima del Circolo cultura e stampa bellunese, applica a molti campi, dalla gestione dell’offerta teatrale alla valorizzazione delle spade bellunesi, senza dimenticare Venezia con la quale va creata un’immagine coordinata. Un’intervista - che fa parte del ciclo “Belluno domani”- completamente dedicata al tema della cultura.

Partiamo dal teatro, nel quale lei ha una lunga esperienza. Quali sono i punti cardine per il futuro del teatro bellunese?

«Ho vissuto le stagioni di tante amministrazioni, buone e meno buone, brave e meno efficaci. Se siamo qui è perché il pubblico ci è rimasto vicino, affezionato, e molti soci hanno dato il loro sostegno. Sono rimasto un po’ scottato da alcune esperienze passate e posso dire che se la prossima amministrazione comunale non intralciasse le attività culturali e lasciasse ad ogni sodalizio esprimere le proprie potenzialità sarebbe già un gran guadagno».

Insomma, lasciateci fare da soli...

«Questa amministrazione per me è stata saggia. Le diamo atto di averci permesso di lavorare e di averci sostenuti nelle attività, non in termini economici, ma in termini di spazi e programmazione. Ora bisogna continuare la strada intrapresa, potenziando la Fondazione Teatri delle Dolomiti con altri soci pubblici e privati».

È quello che accade in altre città?

«Certo. È necessario creare un’empatia dove il privato imprenditore possa “adottare” una poltrona a teatro, una sede museale o un programma culturale. Non bastano i distretti industriali, bisogna fare quelli culturali».

Quindi non si parla solo di teatro.

«Belluno deve credere nei progetti europei e ci vuole prima di tutto la testa per farlo.Qui potrebbero arrivare migliaia di turisti: i tedeschi sono innamorati del Cadore».

E anche di Belluno, a quando mi dicono.

«Questo serve a creare, con epicentro Belluno e d’intesa con i consorzi dedicati, un turismo denso, che assapori, “consumi” e calpesti concretamente il territorio, evitando di creare solo itinerari e musei virtuali. Per tale ragione ho suggerito a Belluno e all’Unione Montana di impegnarsi nel primo vero “Made in Italy” del territorio. Parlo delle spade e delle armi bianche, che hanno fornito gli eserciti di tutta Europa per la loro eccellenza, e che sarebbe bene ospitare in un’esposizione permanente nel bellissimo recupero del museo di Palazzo Fulcis. È un progetto in cui credo, ho assunto anche una persona per portarlo avanti».

Al di là del progetto mi sembra di capire che il messaggio sia: “Pensiamo in grande”.

«Serve il coraggio di avanzare una proposta per la città. Come sono riusciti a far rinascere il Fulcis è assolutamente urgente e improrogabile il recupero dell’antico emblema culturale della città, Palazzo Minerva, oggi fatiscente e indecoroso per l’immagine di Belluno ma un tempo cuore propulsore della cultura bellunese nel mondo. Parliamo anche di Venezia: ritengo fondamentale per Belluno rifecondare il rapporto privilegiato con la città lagunare basato su ragioni storiche, come il legno sul quale poggia la Serenissima, e sul rapporto con le istituzioni artistiche e museali, ricche di opere di bellunesi. In questo senso si dovrebbe favorire un gemellaggio con Ca’ Rezzonico o con il museo Correr».

Quel rapporto economico tra Venezia e Belluno però appartiene al passato. Su cosa basare una collaborazione oggi?

«Oggi Belluno non può restare isolata, serve un’immagine da capitale delle Dolomiti. Venezia ha bisogno di creare uno spin off con la montagna, una sinergia turistica con trasferimenti mirati sul territorio. Un ultimo appunto: Belluno è l’unica città veneta che non ha una sede universitaria. Se venisse migliorata la ricettività per i giovani potremmo proporre alle università venete di organizzare i percorsi Summer School nel nostro territorio, invece di riversare queste risorse su Bressanone».

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