Belluno, figlia violentata dal padre: la «verità» nelle lettere alla madre
A 6 anni le prime molestie sessuali. A 10 il primo rapporto completo. A 15 la prima fuga da casa. Poi, il rifugio sicuro trovato in un centro antiviolenza di Belluno
BELLUNO. A 6 anni le prime molestie sessuali. A 10 il primo rapporto completo. A 15 la prima fuga da casa. Poi, il rifugio sicuro trovato in un centro antiviolenza di Belluno. Un'infanzia negata da un padre-padrone che ora si trova dietro alle sbarre del carcere di Baldenich. Sono pesanti le accuse che la procura contesta all'operaio di 55 anni, arrestato all'alba di domenica per i reati di maltrattamenti e violenza sessuale su minore. Rischia, ipoteticamente, una condanna dai 7 ai 16 anni di reclusione. Si stanno delineando in modo sempre più chiaro le accuse che il pubblico ministero della procura della Repubblica di Padova, Giorgio Falcone, rivolge all'operaio metalmeccanico bellunese (difeso d'ufficio dall'avvocato Ruena Polato del foro di Padova), finito dietro le sbarre di una cella di Baldenich pochi giorni fa, per aver maltrattato e abusato sessualmente della figlia minore per oltre 12 anni. Un caso di competenza della procura patavina in quanto i primi reati furono compiuti nel periodo in cui la famiglia dell'imputato risiedette in un paese vicino a Cittadella. I primi abusi nel 1994. Secondo l'accusa, l'operaio avrebbe iniziato ad abusare della figlia quando aveva appena 6 anni. Le violenze sarebbero inizialmente consistite in palpeggiamenti nelle parti intime. Gli episodi avvenivano quando padre e figlia si ritrovavano a casa da soli. L'uomo avrebbe consumato, poi, il primo rapporto completo quando la figlia aveva 10 anni. Le violenze psicologiche. Per anni l'indagato sarebbe riuscito ad ottenere il silenzio della figlia minore attraverso pressioni e ricatti psicologici. Quand'era piccola le diceva di non raccontare nulla alla mamma, "sennò se ne va via di casa". Poi, quando la figlia, da adolescente, manifestò i primi rifiuti ai rapporti sessuali, il padre avrebbe reagito picchiandola. Da qui l'accusa di maltrattamenti consistiti in botte e violenze psicologiche. La fuga da casa. A 15 anni la ragazza riuscì per qualche giorno ad allontanarsi da casa. Poi, qualche tempo dopo, ha trovato rifugio in un centro antiviolenza di Belluno. È qui che la giovane ha trovato la forza di denunciare il padre, su invito di alcuni psicologi della struttura. Le lettere alla madre. Ma sono state anche delle lettere scritte alla madre, quando era fuggita una prima volta da casa, a sollevare la cortina di silenzio sulle violenze subite all'interno della mura di casa. Dopo quelle lettere, che con la querela contro il padre costituiscono le fonti di prova in mano agli inquirenti, la famiglia s'è sfaldata ed i genitori si sono separati. Abusi in riva al lago. Nella querela sporta, la vittima delle violenze ha indicato anche un lago ed un parco in provincia di Belluno come luoghi, oltre la casa, dove il padre le avrebbe usato violenza. Foto sequestrate. Un altro particolare è filtrato sull'operazione compiuta pochi giorni fa dai carabinieri della compagnia di Belluno. Nel corso della perquisizione, nella casa dell'operaio, i militari hanno sequestrato alcuni specchi, materiale fotografico, comprenso tre rullini. Tutto materiale che ora è al vaglio degli inquirenti. La linea difensiva. Per il momento l'indagato non parla. Giovedì, davanti al giudice Giorgio Cozzarini, l'operaio si è avvalso della facoltà di non rispondere. La difesa, con l'avvocato Polato, è in attesa di avere accesso agli atti d'indagine per poi decidere la linea difensiva.
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