Belluno: il 7° Alpini torna dall'Afghanistan con cinque croci

Reparti schierati per la cerimonia che ha riportato la bandiera del Reggimento alla caserma Salsa. Cinque le vittime della missione
BELLUNO. Sugli scarponi hanno ancora la terra del deserto afghano: non vola via, neanche quando corrono in mezzo al piazzale della Salsa issando la bandiera di guerra, quel tricolore che hanno riportato a casa insieme con la pelle. A reparti schierati, l'inno di Mameli risuona cantato dai giovani militari: sul petto sono spillate le lacrime per i cinque commilitoni caduti negli ultimi attacchi talebani, durante la missione. Mitra in braccio, gli alpini del 7º ieri hanno accolto la bandiera di guerra del reggimento arrivata dall'Afghanistan. Distretti del Gulistan e Bakwa: fino a ieri il tricolore sventolava sulle basi italiane dove il Reggimento ha portato avanti «mesi di missione dura, impegnativa, difficile: abbiamo perso cinque ragazzi» sottolinea il comandante Paolo Farra, colonnello. Gianmarco Manca, Francesco Vannozzi, Sebastiano Ville e Marco Pedone, morti a ottobre 2010; Matteo Miotto caduto a dicembre: vite lasciate nella Valle delle rose, Gulistan. Dopo 200 giorni di Afghanistan, dal 26 luglio scorso alle 6.30, la bandiera del 7º è riposta nell'angoliera dello studio del comandante. «Questa è una giornata importante e voglio in primo luogo ringraziare la comunità di Belluno che ci ha fatto sentire tutto il proprio sostegno e non solo nei momenti difficili» spiega il colonnello Sfarra davanti alle autorità bellunesi. C'erano il prefetto Simonetti, il senatore Gidoni, il presidente della Provincia Bottacin, l'assessore comunale Luciano Reolon, il direttore del carcere Mannarella, il questore Vita, i comandanti Mora (Finanza) e Boccassini (carabinieri), della polizia penitenziaria e i vigili del fuoco, le associazioni, Ana in testa col presidente Cadore. «La perdita dei cinque ragazzi è un dolore che il Reggimento porterà dentro di sè in futuro. Ma ci sono anche ricordi positivi, legati anche al vostro aiuto». Sfarra (con lui ieri anche il colonnello Fregona) allude alle donazioni economiche e di materiali spedite da Bellunese, Veneto, Trentino: «Abbiamo sentito la vostra vicinanza: con l'aiuto di questa comunità sono stati sviluppati progetti per la popolazione civile, per farla vivere meglio. Il vostro sostegno morale è stato forte anche a distanza (attraverso mail e Facebook): abbiamo sentito molto il supporto di questa comunità di cui il 7º si onora di appartenere a pieno titolo». Orgoglio e amarezza per il comandante: «Amarezza per questi soldati che non ci sono più e che hanno fatto il loro lavoro fino in fondo. Orgoglio perchè la missione che avevamo da compiere è assolta: riprendere possesso dell'area un tempo italiana e lasciata dagli Usa. Aiutare le autorità afghane in operazioni di sicurezza e stabilizzazione». Nelle mani del comandante il prefetto mette il libro delle condoglianze firmato dai bellunesi per i morti dell'attentato di ottobre 2010. «Da poco tempo sono a Belluno» dice Simonetti «ma ho capito che Belluno è gli alpini. Dobbiamo anche ricordare che queste opere si lasciano dietro dei lutti». Per il 26 febbraio gli ultimi 200 soldati del 7º lasceranno l'Afghanistan. Al loro posto il battaglione paracadutisti. Il 18 marzo la cerimonia per il rientro totale: fino al 2012 si resterà a casa.

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