Belluno: il consiglio provinciale dà il via libera al referendum per il distacco dal Veneto
Nelle intenzioni del comitato promotore e delle 17.500 persone che hanno firmato, si dovrebbe arrivare al distacco della Provincia dalla Regione Veneto e alla aggregazione al Trentino Alto Adige
BELLUNO.
Il referendum si può fare. Con due voti contrari e ventuno favorevoli (due assenti, Addamiano del Pdl e Isotton del Ps), il consiglio provinciale di Belluno ha detto sì alla richiesta di indizione del referendum per il distacco della provincia di Belluno dal Veneto e la sua annessione alla Regione Trentino Alto Adige, così come previsto dall’articolo 132 della Costituzione.
Il testo del quesito referendario sarà: “Volete che il territorio della Provincia di Belluno sia separato dalla Regione Veneto per entrare a far parte integrante della Regione Trentino Alto Adige?”.
La decisione del consiglio, già in parte annunciata nei giorni scorsi, è arrivata dopo poco più di due ore di dibattito alla presenza di un folto gruppo di rappresentanti del Comitato promotore e dei numerosi cittadini, che hanno lavorato quasi un anno e mezzo a questo progetto, raccogliendo 17.500 firme a sostegno dell’iniziativa.
Palazzo Piloni ha aggiustato la delibera praticamente fino all’ultimo minuto, avvalendosi del costituzionalista Sandro De Nardi, che ieri era in aula in caso di necessità.
Dopo l’introduzione del presidente del consiglio provinciale Stefano Ghezze, la parola è passata ai consiglieri per una discussione che è rimasta pacata, nonostante non siano mancati gli accenni polemici e le accuse politiche verso la Regione Veneto e la sua “indifferenza” ai problemi della montagna bellunese. La più dura, in questo senso è stata Claudia Bettiol (Pd), mentre tra le fila della maggioranza spiccano i no di Renza Buzzo, pervasa da un profondo scetticismo, e di Gino Mondin (entrambi Lega Nord) che è preoccupato per i costi.
Un pensiero costante in molti interventi, ma Angelo Levis ha rotto il ghiaccio annunciando il primo contributo all’organizzazione del referendum: mille euro stanziati dall’Italia dei Valori, oltre a proporre una campagna di adesione volontaria. Levis ha sfatato la contrapposizione con il federalismo: «Il legittimo desiderio di autonomia non deve essere sacrificato sull’altare del federalismo, perché le due cose non si scontrano, anzi».
Il capogruppo del Pd, Renzo Crosato, ha sottolineato «l’elemento nuovo» nuovo portato dal Comitato: «L’obiettivo non è irraggiungibile e diettro tutte quelle firme c’è un segnale che dobbiamo cogliere, la chiara e inequivocabile volontà dei cittadini, che non si rassegnano e vogliono agire per dare uno status diverso al nostro territorio». Ha raccolto il senso della volontà popolare il capogruppo della Lega Nord Nunzio Gorza: «Noi siamo i legali rappresentanti di quella volontà e la gente vuole esprimersi su questo referendum».
Favorevole anche il Pdl, ma il suo capogruppo Raffaele Addamiano ieri non era presente in aula. La sua vice, Maria Cristina Targon, cita l’articolo 5 della Costituzione, in contrasto con i privilegi degli Statuti Speciali e in coerenza con la necessità di mantenere unita la provincia di Belluno.
«Da amministratore e ex sindaco un po’ mi vergogno», ha detto con atto di umiltà il capogruppo dell’Udc Pierluigi De Cesero, «perché dobbiamo lasciare nelle mani dei cittadini quello che non siamo riusciti a fare noi». Infine Irma Visalli (Pd) ha sottolineato il cuore del Comitato, fatto di «giovani che hanno ali più che radici, un’idea di futuro possibile e il pensiero di un unicum territoriale. Mantenere i bellunesi a vivere in montagna è l’obiettivo fondamentale».
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