Belluno, il Parco lancia l'allarme"Contributi dimezzati, così si chiude"

Parla chiaro il direttore Nino Martino (nella foto): "Abbiamo 900mila euro di spese fisse, personale compreso, e il 50% dei trasferimenti attuali significa ricevere 600mila euro. Dovremmo chiudere"
BELLUNO.
Il Parco rischia di chiudere baracca e burattini, con buona pace di marmotte e linci: ma, se passa la manovra col 50% di tagli dei trasferimenti dello Stato, a restare all’asciutto e a dover cercare un altro posto saranno i dipendenti. Parla chiaro il direttore Nino Martino: «Abbiamo 900mila euro di spese fisse, personale compreso, e il 50% dei trasferimenti attuali significa ricevere 600mila euro. Dovremmo chiudere. Che taglino dove girano in Audi, non da noi che usiamo un’ibrida di seconda mano».

Sono i direttori dei parchi e le associazioni ambientaliste a denunciare il dimezzamento dei fondi con la finanziaria. Chiedono al ministro Prestigiacomo (che ha detto di non saperne nulla di quei tagli) di rendersi conto di quel che potrebbe accadere nel 2011, nel caso in cui la nuova manovra divenisse realtà. E di capire quel che significa ridurre il trasferimento agli enti con la portata annunciata.

«Requiem per i parchi? Le associazioni di rappresentanza del mondo delle aree protette e ambientaliste denunciano il dimezzamento dei fondi previsto dalla finanziaria e fanno tre richieste»: si legge nel documento stilato. E cioè: che i progetti sulla biodiversità restino fuori dal «blocco», che si tagli anche negli altri ministeri, che il ministro si renda conto.

«Parliamoci chiaro: oggi lo Stato spende per le aree protette l’equivalente di un caffè all’anno per ogni italiano», chiosa il direttore del Dolomiti bellunesi, Martino.

Per l’ente di Villa Binotto a Feltre, la sforbiciata significherebbe la paralisi: «La chiusura, perchè noi siamo di quei parchi che già tirano la cinghia e hanno minori trasferimenti di altri», continua Martino. «Se ci tagliano i fondi del 50 per cento, noi passeremmo da 1.150 mila euro (che è lo stanziamento annuo dello Stato al nostro parco, uno dei più bassi d’Italia), a circa 600 mila euro: cioè meno della spesa che sosteniamo oggi per il personale. E la nostra pianta organica è una delle più basse a livello nazionale fra le aree protette: 14 persone (direttore compreso) per 31.500 ettari. E questo significa chiudere il Parco e mettere in mobilità queste persone».

Il 50 per cento dei fondi in meno previsti in finanziaria ha mobilitato i direttori dei Parchi e le associazioni ambientaliste. Di più: c’è già stato «un taglio del 10 per cento su tutto il bilancio», continua Martino, «l’anno prossimo sicuramente riceviamo il 10% in meno, quindi ci avviciniamo a peggio della sopravvivenza, alla chiusura. Noi ogni anno abbiamo 900mila euro di spese fisse tra luce, forestali, personale, macchine: abbiamo un bilancio di 5 milioni di euro, ma tutto quel che facciamo in più, lo realizziamo con i fondi che troviamo su progetti: da Cariverona all’Unione europea, fino al Gal. Ora il decreto, di cui il ministro ha detto tre giorni fa di non essere a conoscenza, ci penalizzerebbe disastrosamente: noi facciamo appello al ministro perchè in sede di conversione manifesti la sua indisponibità ad accettare questi tagli. Adesso come adesso, allo Stato mantenere i 24 parchi costa un caffè all’anno per ogni contribuente. Praticamente niente. E poi non capisco perchè i tagli debbano essere indiscriminati: con il commissario Fiori ci siamo trovati a Roma a una riunione. Noi siamo andati con una Prius Toyota di seconda mano, l’auto ibrida più famosa del pianeta, gli altri giravano con Audi A6 e A8. Allora dico: tagliate le A6 e A8. Mi piacerebbe che ci sia qualcuno che veramente studi le varie realtà e poi decida di decurtare i fondi dove effettivamente si spreca. Fra parchi non siamo tutti uguali e tagliare allo stesso modo è deprimente».

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