Belluno: incidente mortale, il «pirata» patteggia due anni
Nell'incidente morì un giovane alpino veneziano. Bellunese di 33 anni ammette la sua responsabilità e chiude il conto con la giustizia
A sinistra Andrea Campana. Sopra la polizia accanto alla sua moto
BELLUNO.
Due anni di reclusione, pena sospesa. Il bellunese di 33 anni, con doppia attività di libero professionista ed insegnante, indagato per aver provocato l'incidente stradale in cui morì l'alpino veneziano Andrea Campana, nell'aprile del 2009 in via Miari a Belluno, ha deciso di chiudere con un patteggiamento in camera di consiglio la sua vicenda giudiziaria.
A 4 mesi dalla svolta nell'inchiesta della procura, con l'emissione di un'avviso di garanzia ed il sequestro della sua auto, il bellunese ha deciso, assieme al suo legale, di chiudere definitivamente il delicato procedimento penale che lo vedeva indagato per omicidio colposo ed omissione di soccorso.
E ieri mattina, davanti al giudice delle indagini preliminari Giorgio Cozzarini, ha patteggiato due anni di reclusione. Una scelta fatta per evitare i clamori di una vicenda molto delicata. L'indagato, incensurato, ha ammesso di essere stato alla guida della propria utilitaria in via Miari il giorno della tragedia e si è sempre difeso sostenendo di non essersi accorto di nulla. Ma, secondo indiscrezioni, gli uomini della polizia giudiziaria sono risaliti a lui, ad oltre un anno e mezzo dalla tragedia, dopo che un testimone, per una crisi di coscienza, si è presentato in procura per "confessare" lo scomodo segreto che teneva da tempo.
Il caporalmaggiore degli alpini trovò la morte in fondo ad una scarpata, all'altezza di Pezzoneghe, il 6 aprile del 2009, all'età di 21 anni. Campana stava viaggiando in sella alla propria motocicletta sulla strada che porta all'imbocco della Belluno-Venezia, quando, mentre stava per effettuare un soprasso, ebbe un contatto con un'auto. Nonostante l'urto, la macchina proseguì la sua corsa.
L'inchiesta sulla morte del militare urtato dall' auto-pirata ebbe la sua svolta a fine novembre 2010, quando la Polstrada, su disposizione della procura, notificò all'indagato, un avviso di garanzia con le pesanti ipotesi di accusa di omicidio colposo e omissione di soccorso.
La sua macchina fu sequestrata e portata in una carrozzeria del Bellunese per essere sottoposta ad una perizia. All'esito della perizia, verso la fine di dicembre, la procura inviò all'indagato l'avviso di conclusione delle indagini ritenendo di aver identificato nel 33enne bellunese l'uomo che era alla guida di quell'auto scura, di media cilindrata, che poco dopo le 17 del 6 aprile di due anni fa rimase coinvolta nell'incidente, senza poi fermarsi.
Secondo la ricostruzione della Polstrada, Campana, quel giorno, era in sella alla Honda Deauville 650, ereditata dal padre, e stava tornando a Tessera per trascorrere la licenza di Pasqua con la madre. Mentre percorreva via Miari, sulla strada che porta al casello dell'A27, la Belluno-Venezia, il centauro si trovò dietro ad un'auto scura, di media cilindrata. Fu una questione di frazioni di secondo. Campana iniziò il sorpasso dell'automobile proprio nel momento in cui il mezzo si era spostato a sinistra per il sopravanzare di un'altra macchina, sbarrandogli di fatto la strada. L'urto fu inevitabile. La motocicletta finì contro il guard-rail, scivolando poi sull'asfalto per 150 metri. Il giovane volò oltre la barriera, finendo contro un palo di cemento in fondo ad una scarpata. L'autista dell'utilitaria non si fermò per prestare i primi soccorsi. Continuò tranquillamente la sua corsa verso Ponte nelle Alpi. Quando l'equipaggio del 118 arrivò sul posto, per Campana ormai non c'era più nulla da fare. Morì pochi minuti dopo il suo ricovero al pronto soccorso del "San Martino".
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