Belluno, la frana del Tessina fa ancora paura: chiesto un monitoraggio
Su richiesta del sindaco i tecnici del rischio idrogeologico raggiungeranno per il sopralluogo le pendici del monte Teverone, dove negli anni Sessanta si originò la frana che riempì di terra, sassi e detriti l’intera valle tra le frazioni di San Martino e Funes, arrivando quasi fino a Lamosano
CHIES D’ALPAGO.
L’intensa pioggia che da dieci giorni flagella la provincia ha spinto il sindaco di Chies, Loredana Barattin, a chiedere il monitoraggio della frana sul Tessina, un’operazione che si rinnova periodicamente a cura del Dipartimento regionale per la difesa del suolo, in collaborazione con l’Arpav.
Venerdì, dunque, i tecnici del rischio idrogeologico raggiungeranno per il sopralluogo le pendici del monte Teverone, dove negli anni Sessanta si originò la frana che riempì di terra, sassi e detriti l’intera valle tra le frazioni di San Martino e Funes, arrivando quasi fino a Lamosano.
«Monitorare lo stato della frana è un’operazione che viene svolta periodicamente e che viene infittita in evenienze climatiche come quelle attuali», spiega il sindaco Loredana Barattin, «in tutti questi anni il fenomeno è sempre stato tenuto sotto controllo grazie alla collaborazione tra l’amministrazione comunale di Chies e gli enti preposti a questo compito».
E’il Dipartimento regionale per la difesa del sottosuolo che da quest’anno conduce i monitoraggi per cogliere gli eventuali movimenti “sospetti” dell’enorme ed estesa massa di materiale. Una massa che ha una profondità di 50 metri e la cui sospensione fangosa, con le piogge, scende costantemente a valle poco a poco, raggiungendo il torrente Tesa e infine il lago di Santa Croce.
La frana nel corso del tempo ha cancellato l’alveo del torrente Tessina permettendo di unire i due paesi che si trovano su sponde opposte attraverso una strada bianca percorribile che la attraversa interamente.
«La frana si muove per episodi», chiarisce Alberto Baglioni, a capo dell’ufficio regionale preposto alla difesa idrogeologica anche di quest’area, «e la sua pericolosità è codificata nei piani di assetto idrogeologico (Pai, ndr). La sua reazione a fenomeni climatici come le piogge insistenti avviene comunque in maniera ritardata rispetto a tali eventi, per cui una valutazione sulla sua attività e i suoi eventuali spostamenti o movimenti è possibile solo dopo un certo periodo di tempo».
Il Genio Civile di Belluno, da parte sua, sta portanto avanti un importante lavoro di manutenzione, in relazione alla galleria drenante del monte Teverone (sfruttata oggi anche come centralina idroelettrica), realizzata per convogliare lontano dal corpo di frana le acque in seguito agli eccezionali fenomeni climatici avvenuti nel 1992, i quali avevano destato una certa preoccupazione.
Recentemente il Genio Civile di Belluno, con la direzione di Germano Dal Farra, responsabile di questo impianto di captazione, ha migliorato ancora la capacità di smaltimento delle acque. Il risultato è stato raggiunto attraverso la messa in opera e l’utilizzo di dreni orizzontali e verticali ricavati nella roccia e in grado di captare fino a 60 litri di acqua al secondo, in base all’intensità delle precipitazioni
Riproduzione riservata © Corriere delle Alpi
Video