Belluno piange l'alpino morto

La salma del caporal maggiore Miotto arriva stamane in Italia
Alpini davanti alla casa di Thiene del giovane Matteo Miotto
Alpini davanti alla casa di Thiene del giovane Matteo Miotto
 
BELLUNO.
Arriva stamane alle 10, in Italia, la salma di Matteo Miotto, 24 anni di Thiene, il caporal maggiore del Settimo Reggimento Alpini di Belluno, colpito a morte da un cecchino, venerdì mattina, mentre era di guardia in una base avanzata nel distretto di Gulistan, nell'ovest dell'Afghanistan. Un'altra ferita si apre per Belluno che ospita la sede del Settimo, in un giorno che doveva essere di festa.  Un altro suo alpino, due mesi e mezzo dopo la strage di Farah, è morto. La quinta vittima in una manciata di settimane. Una pallottola l'ha colpito alla spalla sinistra, una delle poche parti non protette dal materiale in dotazione alle nostre Forze Armate. Una morte assurda, sfortunata e subdola che ha rovinato il Capodanno del Settimo e di Belluno. Un giorno di festa si è trasformato in un giorno di rammarico e lacrime. E la data del 18 marzo, giorno del rientro del Reggimento dall'Afghanistan a Belluno, per molti assume quasi il sapore di una liberazione. Domani a Roma sono stati fissati i funerali di Stato del caporalmaggiore vicentino. Martedì, invece, è prevista la cerimonia funebre nella natìa Zanè.  La notizia che in Afghanistan era morto un militare ha iniziato a serpeggiare in Italia alle 12.30 di venerdì, un'ora e mezza dopo lo sparo. E subito il pensiero dei militari in forza al Settimo a Belluno è andato ai loro commilitoni, che si trovano in una delle zone ad alto rischio, la valle del Gulistan, al confine con la provincia di Helmand, in mano ai Talebani.  Un'area che gli italiani hanno preso in consegna la scorsa estate dai soldati americani e dove gli attacchi sono frequenti e la tensione tocca livelli altissimi. Miotto, che si trovava in Afghanistan da luglio e sarebbe rientrato alla caserma "Salsa" a fine gennaio, era in servizio all'interno della base avanzata, a quanto pare su una garitta, quando il proiettile di un cecchino lo ha centrato ad un fianco, una parte del corpo lasciata scoperta dal giubbetto anti-proiettile. La pallottola gli ha bucato la spalla, lesionando gli organi vitali.  Il caporalmaggiore vicentino, soccorso dai commilitoni, non è morto subito. Ma la lesione riportata si è rivelata gravissima ed ha reso inutile il disperato intervento dei medici della base "Snow".  Una fatalità che Matteo Miotto, alpino convinto, come tutti lo descrivono, aveva messo in conto quando, all'indomani dell'attentato in cui morirono i suoi quattro compagni del Settimo, scriveva: «Siamo il primo mezzo della colonna, ogni metro potrebbe essere l'ultimo, ma non ci pensi. La testa è troppo impegnata a scorgere nel terreno qualcosa di anomalo, finalmente siamo alle porte del villaggio... Veniamo accolti dai bambini che da dieci diventano venti, trenta, siamo circondati, si portano una mano alla bocca ormai sappiamo cosa vogliono: hanno fame...».  Con la morte di Miotto il 2010 si conferma l'anno più nero per i militari italiani impegnati nella missione di pace in Afghanistan: 13 le vittime (5 del Settimo), su un totale di 35 caduti dall'inizio della missione, nel 2004. Il Settimo Reggimento Alpini ha sicuramente pagato un alto prezzo di sangue. Unanime il cordoglio del mondo politico e delle massime cariche dello Stato. Il presidente Giorgio Napolitano, si legge in una nota dell'agenzia giornalistica Ansa, appresa con "profonda commozione la notizia dell'attacco terroristico" nel quale è morto il giovane alpino, ha espresso ai familiari sentimenti di "affettuosa vicinanza e sincera partecipazione al loro grande dolore, rendendosi interprete del profondo cordoglio del Paese". (m.fil.)

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