Belluno: protesi all'anca difettose, arrivano le querele
In procura le prime denunce contro l'Usl 1 ed il colosso americano «Johnson&Johnson». Una paziente chiede i danni per il suo calvario
L’interno di un’aula del palazzo di giustizia di Belluno
BELLUNO. Il caso delle protesi difettose della De Puy approda in procura. Una delle 48 pazienti bellunesi, che nel 2005 subì un intervento al "San Martino", con l'applicazione all'anca destra di una protesi della De Puy International, ha sporto querela per lesioni colpose gravi.
Le accuse in querela, depostata dal legale della paziente, l'avvocato Alice Burigo, sono rivolte alla De Puy, che fa parte del colosso americano «Johnson & Johnson», all'Usl 1 di Belluno e al Codivilla Putti di Cortina. La paziente ha subìto, nell'arco di 4 anni, due interventi chirurgici: il primo al "San Martino" per l'intervento di applicazione della protesi nel 2005, il secondo al "Codivilla" nel 2009 per l'intervento di "revisione" della protesi.
La donna nella querela denuncia la sua via crucis sanitaria per allieviare i danni, causati dall'applicazione della protesi, rivelatasi poi difettosa: dolori persistenti nella zona dell'intervento, difficoltà di deambulazione normale, menopausa indotta e stato ansioso da ricondurre al continuo persistere di patologie successive all'intervento del 2005. Tutte patologie per le quali, appunto, nel 2009, la paziente bellunese è stata sottoposta alla "revisione" della protesi con un intervento all'ospedale di Cortina. Intervento che non ha dato i suoi frutti. La donna, che è titolare di una ditta che dà lavoro ad una decina di dipendenti, soffre di uno stato ansioso profondo, soprattutto dopo aver scoperto la difettosità della protesi.
Com'è noto sono 48 le persone contattate, nel marzo scorso, dall'Usl 1 per i problemi causati dalle protesi difettose all'anca: di queste, 42 sono i pazienti operati nell'ospedale di Belluno nel periodo 2004-2009, 6 quelli che hanno subito l'intervento chirurgico ad Agordo tra il 2008-2009.
Il caso è emerso a marzo, quando la stessa De Puy ha inviato a tutte le Usl italiane una comunicazione generica, con la quale si avvisava che erano in corso dei controlli sulle protesi. Il 24 agosto è stata la stessa Johnson&Johnson a inviare una lettera a tutti coloro che avevano acquistato le protesi, ordinando di bloccare gli impianti e il magazzino.
La successiva comunicazione è arrivata il 12 novembre: con questa terza lettera si invitavano le aziende sanitarie a richiamare i pazienti interessati; la stessa multinazionale si rendeva disponibile a pagare le spese dell'operazione.
Il problema nasce dall'usura superiore alle aspettative delle due componenti in titanio della protesi (modelli XL Acetabular System e Hip Resurfacing System) che viene impiantata per lo più in pazienti giovani. Proprio per questa usura, la protesi rilasciava delle sostanze nocive (ioni di metallo) che creano infiammazioni.
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