In mille sfilano contro il Decreto sicurezza a Belluno: «Il Governo imbavaglia il nostro dissenso»

In piazza quaranta associazioni e persone di ogni età per dire no a universitari schedati, zone rosse e ai 24 nuovi reati

Fabrizio Ruffini
La manifestazione contro il ddl del governo a Belluno
La manifestazione contro il ddl del governo a Belluno

Anche da Belluno arriva forte il “no” della società civile al ddl Sicurezza. Erano almeno un migliaio i partecipanti al lungo corteo che ieri pomeriggio ha attraversato le vie del centro tra slogan, interventi pubblici e colori.

Un successo per gli organizzatori delle tante sigle (una quarantina circa) che si sono ritrovate dietro il grande striscione con il Babau buzzatiano.

GENERAZIONI UNITE

Tra i primi interventi, quello della feltrina Serena De Marchi, rappresentante regionale della Rete degli studenti: «Questo governo vuole la nostra generazione in silenzio e questo ddl mira solo a farci paura per le possibili conseguenze di esporre le nostre idee», ha detto davanti a una platea molto eterogenea di studenti e non, «la vera violenza è quella di questo governo che colpisce noi, ma finge di non vedere le violenze dei gruppi studenteschi di estrema destra, rinforzati e foraggiati dall’attuale maggioranza politica italiana.

È un ddl fascista e noi siamo qui a ricordare che Belluno, il Veneto e l’Italia sono e saranno sempre antifascisti».

IN 1000, PACIFICI, DETERMINATI

Il corteo, lungo come non se ne vedevano da diverso tempo in città, è partito dal parco Città di Bologna, ha attraversato piazza Piloni ed è salito lungo via Tasso, viale Fantuzzi e via Volontari della Libertà, prima di un carosello che ha abbracciato integralmente il piazzale della stazione.

Dopo una prima serie di interventi che hanno scandito i momenti di marcia e di pausa, il colorato biscione di persone ha percorso via Dante, via Loreto, via Matteotti ed è arrivato in piazza Duomo per un secondo round di interventi.

Infine, i manifestanti si sono diretti verso piazza dei Martiri, dove hanno preso la parola gli ultimi ospiti. Il tutto si è svolto in maniera allegra e ordinata e tutti i partecipanti sembravano particolarmente coinvolti dai vari interventi.

UNIVERSITARI SCHEDATI

Particolarmente contestato è stato l’articolo che garantirebbe alle forze dell’ordine e ai servizi segreti libero accesso a informazioni sensibili di studenti universitari.

«Se studenti docenti parteciperanno ad eventi politici considerati non in linea o addirittura docenti parleranno di argomenti sgraditi in aula, potranno essere richieste alle università informazioni specifiche su queste persone», si dice durante un intervento sotto al tribunale, «oggi le università possono opporre ragioni di ovvia privacy a queste richieste, con questo ddl non sarebbe più possibile e gli atenei sarebbero obbligati a collaborare».

ARMI SENZA LICENZA E ZONE ROSSE

Il decreto portato avanti dal ministro Salvini introduce, tra le altre cose, con l’articolo 28, la possibilità per gli agenti di pubblica sicurezza di portare senza licenza alcune tipologie di armi, tra cui rivoltelle e pistole di ogni misura, quando non sono in servizio.

Preoccupazione, inoltre, è stata espressa per la nuova definizione di zone rosse, come sottolineato dal rappresentate del “Tavolo vittoriese contro il ddl sicurezza”: «A Vittorio Veneto abbiamo già raccolto oltre 500 firme per discutere della cosa in consiglio comunale, perché si gettano le basi per limitazioni gravi delle libertà».

NUOVI REATI

Il disegno di legge, inoltre, introdurrà più di venti nuovi reati e l'inasprimento delle pene per chi partecipa a manifestazioni non autorizzate e misure che colpiscono le fasce più vulnerabili della popolazione, come migranti e persone in situazioni di marginalità sociale.

«24 tra nuovi reati, aggravanti e inasprimenti di pena», dice Denise Casanova di Cgil durante il suo intervento, «tra questi la possibilità di incarcerare donne incinte o neomamme, o il divieto di possedere una sim per un clandestino, cosa che ovviamente farà esplodere un pericolosissimo mercato nero di sim». Tutte queste disposizioni sono state definite come un attacco diretto alla libertà di protesta e di dissenso, rischiando di criminalizzare il dissenso e di limitare le libertà fondamentali sancite dalla Costituzione.

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