Belluno: ricatto al sacerdote per le lettere hot, condannato
Le missive, scritte 20 anni fa, avevano come destinatario la madre dell'imputato, che le ha scoperte nel settembre scorso, dopo l'improvvisa morte del padre e ha tentato di estorcere al sacerdote 700 euro in cambio del silenzio
Il bar della stazione ferroviaria dove il 25 ottobre scorso è stato arrestato Alessandro Baldi per estorsione
BELLUNO.
Quattro anni, 4 mesi e 20 giorni di reclusione: tanto è costato ad Alessandro Baldi, 38 anni, il ricatto a don Gigetto De Bortoli, di divulgare alla stampa 5 sue lettere compromettenti, se non gli avesse dato 700 euro. Le missive, scritte 20 anni fa, avevano come destinatario la madre di Baldi. L'imputato le ha scoperte nel settembre scorso, dopo l'improvvisa morte del padre.
«Hot letters».
Il caso scoppia il 29 settembre scorso. L'uomo, feltrino di origine, con qualche precedente per droga, mentre mette ordine tra gli effetti personali del padre, morto pochi giorni prima, trova alcune lettere. Sono lettere che don Gigetto, vent'anni prima, aveva scritto di suo pugno alla madre di Baldi, deceduta nel 1995. Il tono delle lettere è inequivocabilmente tenero. Lo stesso legale di Baldi, l'avvocato Erminio Mazzucco, ne legge alcuni stralci in aula, per far capire il comprensibile momento di rabbia provato in quel momento dall'imputato.
«Un amore grande».
«Non so come spiegarmelo ma sento che questo amore che provo per te è qualcosa di più grande e alto dell'intimità sessuale, anche se questa c'è in parte stata». È solo uno dei tre stralci, letti in aula, delle lettere del sacerdote, responsabile del Ceis di Belluno.
«Mi sono sentito tradito».
L 'imputato, accecato dall'ira e in quel momento bisognoso di soldi, chiama per telefono il prete, che conosce molto bene. «Dammi 700 euro altrimenti mostro queste lettere al sindaco di Belluno e al vescovo, e le divulgo pure alla stampa». I soldi servivano a Baldi per pagare un debito con un avvocato di Bassano del Grappa. «Mi sentivo tradito - ha raccontato ieri in aula Baldi - da una persona alla quale avevo sempre voluto bene. Ho provato un immenso dolore nel leggere quelle lettere scritte da don Gigetto a mia madre e scoperte poi da mio padre». Il 19 ottobre successivo, Baldi, che non aveva più ricevuto risposta, ricontatta il prete, ma stavolta i toni sono più tranquilli. «Mi sono subito scusato con lui, gli ho detto che quelle lettere le avrei buttate via, ma gli ho chiesto anche il favore di darmi quel denaro perché mi serviva. Lavoravo in nero in un'officina a Feltre, non avevo tanti soldi e dovevo assolutamente pagare l'avvocato. Gli ho detto anche che gli avrei riconsegnato quei 700 euro, non appena possibile».
L'arresto alla stazione.
Don Gigetto informa nel frattempo la polizia. Poi chiama Baldi e gli dice di incontrarsi al bar della stazione ferroviaria per dargli il denaro alle 11 del mattino del 25 ottobre. Baldi è puntuale, non sa che il responsabile del Ceis, oltre ad avere i soldi, è "imbottito" di microspie per registrare la conversazione. Lì attorno, in borghese, ci sono anche i poliziotti. Alla consegna del denaro, scatta la trappola e Baldi finisce in manette per estorsione.
Scuse con risarcimento.
Da quel 25 ottobre, Baldi si trova rinchiuso in una cella di Baldenich. Ne è uscito ieri mattina per la prima volta, dopo l'arresto, per presenziare al suo processo. Ha chiesto scusa due volte dal carcere per lettera a don Gigetto, anche lui presente in tribunale, ma subito defilatosi dopo che la pubblica accusa e la difesa si sono accordate per consegnare al giudice gli atti d'indagine, escludendo così l'audizione dei testi. A quelle lettere don Gigetto aveva risposto col perdono, precisando: «Quello che hai fatto, mi ha fatto sorridere. Hai agito da incompetente». L'imputato ha anche risarcito il prete con 200 euro.
«Se questa è estorsione».
Nel corso della discussione, il pm ha chiesto la condanna di Baldi a due anni e 3 mesi. L'avvocato Mazzucco, invece, l'assoluzione. «È da classificare come estorsione - ha detto il legale in aula - una richiesta di denaro con tanto di scuse e impegno a restituire la somma?».
Singolare coincidenza.
Il caso Baldi è emerso solo tre mesi dopo l'arresto. È singolare come il 27 ottobre 2010, due giorni dopo le manette a Baldi, la questura in una velina-stampa comunichi di aver «dato esecuzione al decreto di carcerazione» per una questione di droga «a carico di B.A., nato a Bassano del Grappa, di anni 37, domiciliato in città». Stesse iniziali, stessa età, ma evidentemente una persona diversa.
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