Belluno: ricatto in treno, condanna a undici mesi per un ferroviere
Capotreno accusato di tentata concussione nei confronti di tre minorenni comeliani (due fratelli ed un cugino), ai quali avrebbe chiesto 50 euro per non pagare la multa
Un capotreno di Trenitalia condannato a 11 mesi di reclusione per tentata concussione
COMELICO. Undici mesi di reclusione ed interdizione dai pubblici uffici per un anno. È la condanna inflitta ad Enrico Davì, 29 anni, il capotreno, originario di Ferrara, accusato di tentata concussione nei confronti di tre minorenni comeliani (due fratelli ed un cugino), ai quali avrebbe chiesto 50 euro "in nero" per evitare una multa da 150 euro per non aver obliterato i biglietti prima di salire sul mezzo di Trenitalia. Il processo s'è aperto e chiuso ieri. Sei i testimoni chiamati a deporre. Tra questi i tre minorenni del Comelico, che il 4 novembre 2009, sul Venezia-Calalzo, stando alla denuncia, furono presi di mira dal capotreno, dopo essere stati trovati col biglietto non obliterato. I tre giovani hanno sostanzialmente confermato le accuse nei confronti dell'imputato, ribadendo di aver rifiutato la proposta del capotreno di dargli 50 euro per evitare una multa da 150 euro complessiva. «Al nostro rifiuto - ha detto uno dei tre giovani comeliani - mi ha minacciato di darmi "due castagne" sui denti, non appena il treno fosse arrivato a destinazione». I giovani denunciarono il fatto, soltanto il giorno successivo, dopo aver parlato a casa. «Eravamo sconvolti - hanno detto - per dire tutto subito alla Polfer di Calalzo. Prima volevamo confrontarci coi nostri genitori». Del tutto discordante, la versione dei fatti del capotreno. «Mi hanno dato del "ladro" quando gli avevo detto che la mancata obliterazione del biglietto comportava una multa da 150 euro. "Te li metti in tasca tu", mi dissero. A quel punto, compilai il verbale di contestazione e al termine lasciai che di loro pugno scriverssero le eventuali contestazioni. Se avessi voluto fare il furbo, non avrei lasciato loro scrivere quelle cose. Io, poi riferii l'accaduto ai miei dirigenti. Il fatto avvenne di fronte ad altri passeggeri: chiesi loro se erano disposti a farmi da testimoni ma nessuno si fece avanti». Nel corso della requisitoria, il pubblico ministero ha chiesto la condanna dell'imputato ad un anno e dieci mesi. Il legale del capotreno ha sostenuto l'innocenza di Davì, sostenendo in arringa diverse argomentazioni. Prima tra tutte il fatto che i controllori che infliggono multe percepiscono da Trenitalia un'indennità pari al 35 per cento del valore della contravvenzione. «Che interesse avrebbe avuto, nel chiedere 50 euro in nero, coi rischi che ne comportava, quando ne avrebbe percepiti regolarmente addirittura di più?».
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