Belluno ricorda le vittime delle foibe

Il testimone racconta: «Sono scappato, sapevo quale sarebbe stata la mia fine se fossi rimasto»

BELLUNO. «Dovevo essere nelle foibe e invece sono scappato». Ogni volta è un brivido, per chi racconta e per chi lo ascolta. Mario Sintich, insegnante di Sospirolo che compirà quest’anno 92 anni, era presente ieri in Piazzale Vittime delle Foibe per ricordare tutti gli italiani d’Istria, fiumani e dalmati che sono scappati o sono stati perseguitati, imprigionati e uccisi. «Nel ’45 sono andato a vedere se ero iscritto all’università», ha ricordato Sintich, «e quando sono tornato mi hanno messo in prigione e processato. In quel periodo vivevo all’isola di Cherso e mi diedero 8 mesi di galera. Siccome sapevo già quale sarebbe stata la mia fine se fossi rimasto lì, sono scappato con la complicità del custode. Non sono tornato a casa per 12 anni. Finché non ho ripreso la cittadinanza croata. Me la volevano negare perché sapevano tutto quello che era successo. Ma non avevo intenzione di essere straniero a casa mia. A chi mi chiede perché non torno in Croazia rispondo sempre che l’Italia mi ha mantenuto e trattato bene e devo pagare le tasse».

Alla cerimonia erano presenti istituzioni, associazioni e gruppi di ideologie diverse, come ha sottolineato soddisfatto Giovanni Ghiglianovic, presidente dell’associazione nazionale Venezia Giulia e Dalmazia che conta oggi 50 iscritti: «Sono contento di esser riuscito a creare un sentimento uniforme di fronte a questa tragedia. Eravamo indecisi se dedicare questo monumento ai martiri o alle vittime delle foibe. Ma i martiri sono coloro che si offrono. E queste persone sono state prelevate nelle loro case mentre dormivano. Quindi è giusto chiamarle vittime. Dopo 13 anni dall’istituzione di questo giorno bisogna riflettere sulle cose che vanno cambiate. Alcune leggi per esempio. Ma anche l’educazione a scuola. I giovani devono sapere quello che è successo dopo il 1945 quando 350 mila italiani lasciarono la terra dei loro avi, vennero smistati in 109 campi profughi e furono registrati attraverso le impronte digitali».

Un pezzo di storia che ha fatto fatica ad esser riconosciuto pienamente e che solo nel 2004 ha visto l’istituzione di un “giorno del ricordo” per le vittime «delle foibe, dell’esodo e della più complessiva vicenda del confine orientale». «Questa storia è stata dimenticata per anni e vissuta poi in modo minore», ha affermato il prefetto di Belluno Francesco Esposito, «mentre è stata una tragedia assoluta che molte famiglie vissero sulla loro pelle a causa di regimi totalitari. Con il tempo abbiamo costruito un’Italia migliore fondata sui valori positivi di giustizia e di verità. È in quest’Italia che dobbiamo credere. Occorre inoltre tramandare la storia alle generazioni giovani per fare in modo che questi fatti non vadano dimenticati. Sono dei giorni tristi, certo, ma il sacrificio di tante persone ha messo le basi per un’Italia migliore».

Durante la cerimonia è intervenuto anche il primo cittadino Jacopo Massaro che ha posto l’attenzione sulle vittime in generale e su tutti gli episodi che riguardano «la nostra storia e la sofferenza della nostra comunità. Le foibe e i campi di concentramento sono cose che non vediamo più ma che permangono in altre zone del mondo. Non dimentichiamo ciò che siamo stati ma costruiamo meglio ciò che saremo».

Davide Piol

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