Belluno, ristoranti con i conti in rosso: tra posti ridotti e affitto da pagare

BELLUNO. Riaprire o non riaprire? E soprattutto: converrà farlo? Ad essere attanagliati da questo inedito dubbio sono i ristoratori del centro storico che, fra misure anti-contagio poco invitanti per i clienti (tra le quali ora spicca il blocco dei condizionatori d’aria), paura e confini regionali ancora chiusi, sono forse oggi la categoria più in difficoltà tra quelle che hanno potuto far ripartire le proprie attività.
È vero che le consegne a domicilio e le ordinazioni da asporto compensano in parte il danno e permettono al personale di lavorare, ma i locali continuano a costare affitti spesso esorbitanti e in molti invocano accordi straordinari con i proprietari per evitare la chiusura.
Mancano i turisti. Chi, come il ristorante La Taverna di via Cipro fino a prima del lockdown lavorava molto con le trasferte aziendali e i turisti da fuori regione, sta vivendo un momento di stallo, con fatturati ben inferiori rispetto al passato.
Sul fronte delle limitazioni imposte dai nuovi regolamenti, invece, la proprietà ha potuto giocare sugli spazi per mantenere un numero accettabile di posti: «Al momento la ripresa è lenta e difficile», spiega il titolare Massimo Simionato, «all’ora di pranzo stiamo recuperando, grazie a qualche azienda che ha riaperto, ridando vita al settore, ma alla sera è ancora dura riempire i posti. In particolare mancano i clienti che vengono da fuori e che si fermano in albergo. Essendo chiusi i confini regionali, è proprio una fetta di mercato completamente assente».

Il ristorante ha ridotto da 45 a 30 i posti: «Non è sempre facile, ma nessuno si lamenta e i distanziamenti, come le altre cautele, vengono capiti da tutti e pian piano ci stiamo tutti abituando al cambiamento», continua, «il fatturato, però, è ancora distante da quello del pre-crisi e temo che, finché la situazione non si stabilizzerà, si andrà avanti così a lungo».
Il grande punto interrogativo, adesso, è l’aria condizionata: «È un grosso problema, perché non sappiamo ancora se si possa usare e come», continua Simionato, «la questione non è ancora stata risolta e mancano delle indicazioni ufficiali; dato che andiamo verso l’estate sarebbe bene sapere quanto prima come muoverci».
LA FENICE in stand by. In centro, però c’è anche chi a riaprire proprio non ci pensa per il momento, come Angelo Di Lieto, proprietario de La Fenice, che da mesi ha reinventato la propria attività attraverso le consegne a domicilio.
A pesare sempre di più, però, sono i costi dell’affitto, una spesa difficile da affrontare senza poter riempire i tavoli della pizzeria: «Ammetto di essere un po’ demoralizzato», commenta Di Lieto, «i locali sono vuoti e la gente ancora fa molta fatica a uscire. Ho parlato con tanti miei colleghi e la situazione, purtroppo, è uguale ovunque».
«Da un lato la gente si è oramai abituata a restare a casa e ha paura ad uscire; dall’altro in molti non hanno chiaro se e come si possa tornare a magiare fuori. E a tutto questo si aggiungono i timori per le economie famigliari che spingono a non spendere», continua Di Lieto, «dal canto nostro noi continuiamo a puntare su delivery e take away e a breve dovrebbe partire la nostra app ufficiale per poter ordinare con cellulare e tablet direttamente da casa, o anche dal tavolo quando riapriremo».
La palla al piede più grossa, però, rimane il costo dell’affitto del locale, che in questa situazione diventa insostenibile: «Se si continua così non so se arriveremo a fine anno», commenta amaro il titolare de La Fenice, «la ristorazione al tavolo, oggi, è completamente ferma, i proprietari degli immobili devono capire che io e i miei colleghi siamo in grossa difficoltà e si devono trovare degli accordi per superare il momento o in molti dovranno chiudere e sarà una sconfitta per tutti».
La Buca. Anche alla Buca il lavoro sta lentamente ripartendo, ma gli incassi restano bassi se paragonati a qualche mese fa. Mancano ancora, però, i flussi turistici degli alberghi e quelli legati al teatro Comunale, che hanno sempre trovato un punto d’appoggio importante nella pizzeria di via Carrera. «Piano piano stiamo ripartendo, ma con il teatro fermo e gli alberghi chiusi non possiamo contare sui numeri ai quali eravamo abituati», spiega il titolare, Giuseppe Cantale, «per lo meno, non dovendo pagare un affitto, abbiamo un problema in meno a cui pensare».
Anche La Buca ha dovuto ridurre i posti a sedere e si trova ad affrontare la difficoltà di ospitare gruppi di persone: «Al momento abbiamo circa il 60% dei posti in meno», continua Cantale, «e a questo si unisce il fatto che oltre ad essere ridotti, i tavoli non possono più essere occupati allo stesso modo, a meno che non si sieda una famiglia e questo è molto limitante. Non si può far altro che sperare che la situazione migliori a breve». —
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