Belluno: una veglia di preghiera per giovani e lavoro

Oltre un centinaio di persone in chiesa. Testimonianze sofferte dei precari: «Ci negano il futuro»
Sopra la chiesa di San Rocco ieri sera durante la veglia di preghiera per i giovani e il lavoro
Sopra la chiesa di San Rocco ieri sera durante la veglia di preghiera per i giovani e il lavoro
BELLUNO.
Oltre un centinaio le persone che hanno partecipato alla veglia di preghiera organizzata da Cisl e Acli con la pastorale del Lavoro e altre associazioni cattoliche sul lavoro e i giovani.

Ad aprire le riflessioni Anna Orsini, segretaria della Cisl che, partendo dalla sensibilità sempre dimostrata da papa Giovani Paolo II per queste tematiche anche nelle sue encicliche, ha rilevato come la mancanza di opportunità di lavoro, «mortifica non solo i giovani costretti quindi a cercare una realizzazione fuori dal territorio provinciale per poi non tornare più, ma crea un impoverimento di tutto il territorio». Orsini ha evidenziato come la precarietà del lavoro «impedisce ai giovani di costruirsi un futuro, una famiglia, la propria vita». La segretaria della Cisl ha puntato l'attenzione anche su una precarietà «spesso non giustificata dalle condizioni contingenti», e ha invitato «alla responsabilità sociale e alla solidarietà che mette al centro il bene comune e la persona».

La veglia è poi proseguita con le testimonianze di alcuni giovani, come Enrico De Col di Longarone, «appena uscito dall'università che ho fatto lontano da casa e sono tornato in provincia e come impiego ho trovato un contratto a progetto nella scuola come docente. Ma a forza di contratti a progetto i progetti non si possono fare, non si può creare una famiglia, avere una casa». Dal giovane è venuta anche una critica al mondo della politica «che non dà il giusto risalto e spazio ai giovani».

Poi è stata la volta di Chiara D'Incà, presidente dell'Azione Cattolica che ha letto una lettera di una ragazza che dopo varie esperienze in provincia, finite sempre «con un'amara delusione», ha deciso di cercare altrove il suo destino. «Mi sembra di non riuscire a salvarmi, che non ci sia posto per me nelle scialuppe di salvataggio. Il mio errore è stato quello di illudermi troppo presto, e adesso il mio timore è quello di trovare poche porte da aprire. Ci vuole tanta forza per continuare ad essere giovani». Infine, l'ultima testimonianza è stata letta da Lisa De March, sempre dell'Azione cattolica, relativa ad una donna sposata da sette anni con due bambini. «La ditta dove lavora mio marito è in crisi, io vorrei trovarmi un lavoro part time ma non è facile. Credo che lavorare sia identificarsi come persona, crescere, migliorare. Cerco solo un lavoro dignitoso come cercare l'aria che respiro».

Testimonianze toccanti che hanno con precisione delineato la sofferenza di chi ogni giorno vive su di sè la precarietà, l'incertezza e a cui il futuro viene negato.

Ed è proprio su questo che il vescovo Giuseppe Andrich ha incentrato la sua omelia, sulla solitudine delle persone ma anche sui falsi miti che uno vuole inseguire. E su questo il vescovo ha richiamato l'attenzione sull'importanza di un'educazione che prepari anche al sacrificio e alla sofferenza. Infine, monsignor Andrich ha fatto appello alla politica, agli amministratori affinchè «le loro scelte operative siano oculate e tengano presente le condizioni in cui vivono i giovani e non li mortifichino negando loro il diritto al lavoro e quindi alla loro vita. Perchè è nel lavoro che uno esprime una parte importante di sè». (p.d.a.)

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