Belluno, l’appello del vescovo alla società civile: «Gruppi di laici per gestire le parrocchie»

Don Davide Fiocco: «Colleghiamo di più la fede alla vita concreta». La Chiesa chiede aiuto per amministrazione, oratori, pulizie, addobbi, catechismo e per presiedere il rito del rosario

Francesco Dal Mas

Sempre più spazio ai laici. Nella Diocesi di Belluno Feltre ci sono 150 parrocchie, ma solo 57 sono i preti con funzione di parroco. E ci sono parroci, come don Roberto De Nardin, in Val di Zoldo, che di comunità ne ha addirittura otto a suo carico. Ecco, dunque, che il vescovo monsignor Renato Marangoni ha lanciato il progetto delle equipe pastorali, cioè di gruppi di laici che si incaricano di amministrare la parrocchia, di provvedere alla gestione degli oratori o degli altri ambienti della comunità, di assicurare le pulizie delle chiese e gli addobbi floreali, di organizzare il catechismo e gli incontri pastorali, al limite le stesse liturgie (ovviamente non di celebrarle), di presiedere il rito del rosario per i morti. Il tutto nello spirito del Sinodo che, dopo tre anni di itinerario nazionale e diocesano, va a concludersi entro il 2025.

Marangoni ha assicurato che non chiuderà nessuna parrocchia, quindi nessuna chiesa. Ha già riformato la diocesi istituendo otto convergenze pastorali in sostituzione delle foranie e 35 collaborazioni interparrocchiali. Oggi solo Cortina, Limana, Mussoi e Baldenich a Belluno hanno un parroco tutto per loro.

Da giovedì prossimo l’equipe sinodale farà sintesi dei numerosi incontri promossi in diocesi in questi anni e recapiterà poi il materiale a Roma. Preparatorio all’appuntamento è stato l’incontro unitario degli organismi diocesani al Centro Papa Luciani di Santa Giustina, moderato da una donna, Anna Della Lucia, vicepresidente del Consiglio pastorale diocesano. Il vescovo che sedeva tra gli “ascoltatori” è intervenuto per ringraziare e incoraggiare, ma anche per aggiungere significativamente che «non contano i numeri e le strutture, ma le relazioni e i gesti».

E ha invitato a «guardare al futuro con fiducia, affidandosi all’opera dello Spirito», ricordando «la responsabilità verso le generazioni future». «Sebbene la cura pastorale sia affidata al parroco, è necessaria una corresponsabilità più definita e condivisa», ha insistito mons. Marangoni.

Don Davide Fiocco, coordinatore dell’equipe sinodale, ha attualizzato la figura che della Chiesa ha dato, fin dall’inizio del suo pontificato, Papa Francesco. La Chiesa come “ospedale da campo”, precisando che questa è la realtà anche del Bellunese, seppur con notevoli varianti da valle a valle.

La chiesa feltrina, ad esempio, ha una vivacità tutta sua, anche nel laicato, che non trova riscontro altrove. Successivamente, don Davide Fiocco ha presentato lo strumento di lavoro per la fase profetica del Cammino sinodale delle Chiese in Italia. Ha evidenziato il valore della comunione ecclesiale e il segno lasciato dall’attuale pontificato, sottolineando come il cammino sinodale abbia trasformato il volto e le modalità di essere Chiesa.

Ha richiamato l’importanza di valorizzare i processi piuttosto che i documenti, citando la metafora di papa Francesco dell’«ospedale da campo». «Oggi c’è l’urgenza di collegare di più la fede alla vita concreta; di una formazione continua e di rendere più autentica la responsabilità ecclesiale».

Quanto alla cooperazione da parte dei laici, Fiocco ha evidenziato come siano già numerose le persone che collaborano nelle comunità. Almeno un migliaio se comprendiamo anche gli operatori dei Consigli pastorali. «Ma occorre stimolare ulteriormente il coinvolgimento attraverso le assemblee parrocchiali», ha insistito il sacerdote.

Paola Barattin, storica operatrice pastorale dell’Alpago, ha evidenziato dal canto suo la necessità che i Consigli Pastorali delle parrocchie non camminino ciascun per conto proprio, bensì convergendo in una strategia diocesana. E poi – ha aggiunto – «ai laici va garantita la continuità del servizio», ciò che oggi non sempre accade.

Don Alvise Costa ha tenuto poi a sottolineare che il gruppo ministeriale dovrebbe essere espressione della comunità e non solo del parroco.

In autunno, concluso il sinodo, la Diocesi strutturerà alcuni momenti decisionali per cantierare queste novità. —

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