BellunoDonna in dieci mesi ha gestito 139 richieste di aiuto
Sono 139 le donne che hanno chiesto aiuto al centro antiviolenza BellunoDonna nei primi dieci mesi dell’anno. Un dato che racconta in maniera inequivocabile che quando un servizio si avvicina a chi ne ha bisogno, le persone in condizione di fragilità rispondono. È infatti l’apertura dello sportello di Feltre, unito agli sportelli itineranti, ad aver generato secondo la presidente dell’associazione Anna Cubattoli questo aumento. «Dal 2004 al 2016, anno in cui abbiamo aperto lo sportello a Feltre, le donne di questa parte della provincia che si erano rivolte al centro antiviolenza erano state una novantina», spiega la Cubattoli. «Dalla fine del 2016 alla fine del 2017 sono state 45».
La riflessione arriva a ridosso del 25 novembre, Giornata mondiale contro la violenza sulle donne. «I dati dimostrano che quando le donne ne hanno la possibilità, si rivolgono al centro», continua la Cubattoli.
Delle 139 che hanno chiesto aiuto nel 2018, 65 si sono rivolte allo sportello di Belluno, 49 a quello di Ponte nelle Alpi (dove ha sede l’associazione) e 25 a quello di Feltre. La maggior parte delle vittime (circa il 60%) ha un’età compresa fra i 35 e i 50 anni, tre su quattro sono di nazionalità italiana e nell’84% dei casi l’autore della violenza è un italiano. Quasi sempre legato alla donna da una relazione affettiva: la metà delle vittime, infatti, è coniugata, il 20% separata o divorziata. Molte donne, inoltre, sono anche madri (63%).
Il sommerso, però, rimane importante. «I dati dell’organizzazione mondiale della sanità e dell’Istat dicono che nel mondo una donna su tre ha subito violenza almeno una volta nella vita», ricorda la Cubattoli.
L’associazione BellunoDonna, con il centro antiviolenza lavora da anni per aiutare chi decide di intraprendere un percorso di uscita dalle violenze. Le volontarie sono aumentate: «Siamo 42», continua la presidente. «C’è chi si occupa della casa alloggio di secondo livello, chi sta frequentando i corsi di formazione per iniziare a fare i colloqui, abbiamo aperto uno sportello di orientamento al lavoro per aiutare le donne a trovare un impiego che garantisca loro autonomia dal punto di vista economico ma anche semplicemente a compilare un curriculum». L’associazione è impegnata anche nell’attività di sensibilizzazione nelle scuole.
Il tasto dolente resta quello dei finanziamenti. «Insufficienti per mantenere in vita i centri antiviolenza», conclude la Cubattoli. «Ringraziamo i Comuni che ci mettono a disposizioni gli spazi per le nostre attività, ma i finanziamenti pubblici sono davvero insufficienti. Nel 2018 abbiamo ricevuto 8 mila euro per la casa alloggio e altrettanti per il centro. Queste cifre non ci permettono di avere personale retribuito, tranne due persone assunte part-time. La politica ha una grande responsabilità in questo momento e mi auguro arrivino risposte». —
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