Belzoni, l’Indiana Jones di Padova

La città natale celebra l’esploratore che ha fatto conoscere le meraviglie dell’Antico Egitto in Italia e in tutta Europa  



Non passava certo inosservato, Giovanni Battista Belzoni. E non solo per il suo aspetto fisico, imponente ed elegante al tempo stesso, un gigante di due metri e 10 dai cappelli rossi e dagli occhi azzurri. Ma anche per quel suo carattere forte, per quella sua innata voglia di guardare oltre gli orizzonti abituali scoprendo mondi nuovi. Esploratore, attore, perito idraulico, vissuto a cavallo tra il Settecento e l’Ottocento, può essere considerato il padre della moderna egittologia. A lui dal 25 ottobre al 28 giugno la sua città, Padova, dedica una grande mostra allestita nel centro culturale San Gaetano, dal titolo “L’Egitto di Belzoni. Un gigante nella terra delle piramidi”.

Il personaggio

Poteva il figlio del barbiere del Portello, un quartiere di Padova, affrancarsi dall’anonima vita di provincia? Sì, se dalla sua aveva un’intelligenza acuta e una curiosità innata, unite a un fisico che non conosceva fatiche, pronto ad affrontare pericoli, incertezze ed esplorazioni massacranti. Sedicenne, Belzoni lasciò Padova per studiare idraulica a Roma. Quindi Parigi, Olanda, Inghilterra. Nel regno di Sua Maestà sposò l’inseparabile Sarah e iniziò la sua attività di attore, anche sotto il tendone del circo. Ma il richiamo, profondo quanto misterioso, arrivava dall’Egitto. Belzoni vi giunse nel 1815 per risolvere, con una macchina per l’irrigazione da lui inventata, la siccità che affliggeva il paese, rispondendo all’ “sos” lanciato dal pascià. E qui a conquistarlo fu il fascino dell’Antico Egitto e della sua civiltà, appena svelata dalle prime spedizioni di esperti mandati da Napoleone. Belzoni fu il primo a mettere piede in luoghi inesplorati, a ideare e portare a termine imprese al limite del possibile. Non un predone – non si arricchì grazie alle sue scoperte –, non un archeologo – non ne aveva gli studi –, ma un esploratore nel senso pieno e romantico del termine, che raccontò le sue imprese nel “Narrative”, un reportage puntuale ricco di disegni e stampe. A Belzoni si è ispirato il regista George Lucas quando nel 1981 ha creato l’Indiana Jones dei “Predatori dell’Arca Perduta”, interpretato da Harrison Ford. Belzoni morì a 45 anni mentre era impegnato in una spedizione alla scoperta delle sorgenti del Niger e della città di Timbuctù, ufficialmente per una malattia tropicale.

L’omaggio

“Nemo propheta in patriae così la memoria di Belzoni finì ricoperta dalla polvere del tempo. Ma nel 2019, duecento anni dopo il ritorno trionfale dall’Egitto nella sua Padova, la città ne onora il ricordo con una mostra di reperti originali, disegni e racconti sull’epopea di questo personaggio, raccogliendo materiale custodito nei più importanti musei che di Antico Egitto si occupano. Arrivano a Padova preziose testimonianze delle scoperte e delle imprese di Belzoni da Bologna, Roma, Torino, Firenze, Parigi, Londra, Cambridge, Bristol. Quella allestita al San Gaetano è una mostra che offre un percorso costruito sulla storia, con un allestimento didattico e scientifico, capace di toccare i visitatori anche attraverso le emozioni. Così uno stretto passaggio farà provare le difficoltà che questo gigante di oltre due metri sentiva nel muoversi attraverso i cunicoli delle tombe dei faraoni, «strisciando come un coccodrillo sullo sterco di pipistrello» o ancora facendosi strada nella nebbia e nel fumo provocati dal disfacimento di ossa e mummie al contatto con l’aria. –



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