Bendaoud: «Un cucciolone per me era come un figlio»

Il proprietario del cane ucciso ha affidato a Facebook la sua versione dei fatti «Spero che avrà giustizia i video sono molto chiari»

AGORDO. Le lacrime su Facebook. Amine Bendaoud è finito all’ospedale di Agordo per i morsi del suo cane Kaos. I medici l’hanno giudicato guaribile in 15 giorni, prima di dimetterlo. Il giovane marocchino trapiantato ad Agordo con la famiglia ha affidato al profilo social la sua ricostruzione dei fatti di sabato sera al Super W, versione che darà anche ai carabinieri impegnati nelle indagini sul caso. Ci sono molte foto che li ritraggono insieme.

L’uno con diversi piercing in faccia, l’altro con una lingua che sembra piena di affetto: «C’era una lite in corso, questo è vero, ma io non c’entravo niente. Ero in un angolo e mi sono fatto sbranare, pur di tenerlo al guinzaglio. Una sola persona mi ha salvato, dopo di che altre due l’hanno soffocato, dopo aver detto che era ora morisse. Tra le 19.30 e le 22, ho rifiutato qualsiasi tipo di soccorso, per stare con Kaos e fargli la respirazione artificiale. Per un attimo, il battito è ripartito, ma nessuno mi ha aiutato a soccorrerlo. Avrei voluto mettermelo sulle spalle e portarlo all’ospedale, mentre urlavo e grondavo sangue, ma avevo braccia e gambe distrutte. Pesava 40 chili e non ce l’ho proprio fatta».

Per Bendaoud non era un cane aggressivo: «Chi lo conosceva, sa che era un cucciolone. Un vero e proprio figlio per me. Avrei voluto perdere un braccio o una gamba, piuttosto che il mio piccolo. Quando un pitbull vede una rissa e soprattutto una cagna in calore libera e senza guinzaglio vuole per forza intervenire. Io non gliel’ho permesso. L’ho abbracciato, perché non volevo lasciarlo libero e lui se l’è presa con me, perché voleva assolutamente andare lì. Mentre mi mordeva, io soffrivo, ma non l’ho mai mollato. Ci ho rimesso il mio piccolo e, a momenti, le braccia».

Nel video si vedono tre persone addosso a Kaos: «In due l’hanno strangolato con la catena di ferro, tirando più che potevano, anche se il cane era ormai tranquillo e la situazione era sotto controllo. Non ho potuto fermarli, ma spero che lo faccia la giustizia, perché un cane è stato impiccato, senza che avesse fatto alcun tipo di danno. Sarà l’autopsia a stabilire quello che è successo e a scoprire chi sono i colpevoli. Kaos avrà giustizia: fosse l’ultima cosa che faccio».

Amine Bendaoud è in Italia da 12 anni e spiega la scelta di questo tipo di cane: «L’ho cresciuto da solo e mi è costato tanti sacrifici. La mia unica colpa è quella di essere passato nel posto sbagliato all’ora sbagliata. I pitbull mi sono sempre piaciuti, fin da quando ero piccolo, ma non avevo mai avuto la possibilità di averne uno per la mia religione e per rispetto della mia famiglia. Ma poi anche i miei genitori si sono convinti, perché hanno visto che volevo Kaos, perché lo amavo. Non per avere un giocattolo, a differenza di altri». —

G.S.

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