Bimba in ipotermia: «Il suo salvataggio è stato miracoloso»
BELLUNO. La parola “miracolo” non è usata abitualmente dai medici, e anche il primario di cardiochirurgia di Trento, Angelo Graffigna la pronuncia con cautela. Dice: «C’è stato qualcosa in più, oltre alle capacità dei sanitari». Il qualcosa in più permette alla bimba veneziana di sei anni di riprendere a vivere, come prima del 2 marzo quando cadde in un gelido torrente a Selva di Cadore e vi rimase fino a quando venne trovata dai volontari del soccorso alpino e dei vigili del fuoco del paese.
La piccola ora è ricoverata nel reparto di pediatria di Padova e gioca senza problemi e senza conseguenze neurologiche. Un miracolo o una serie di coincidenze favorevoli, ma anche un grande lavoro e un impegno di tutti fin dal primo istante di quel tragico pomeriggio: «Ecco, questo va sottolineato con forza. I primi ad intervenire nella maniera migliore, più corretta, sono stati i volontari arrivati sul posto, dalla Croce Bianca, ai vigili, al soccorso alpino, al medico. Sono stati loro che l’hanno cercata, il più in fretta possibile, che l’hanno trovata nell’acqua gelata in uno stato di grave ipotermia e che hanno cominciato le prime indispensabili manovre, fatte in maniera impeccabile. Noi siamo stati, come ospedale di Trento, il punto finale di una serie mirabile di interventi, che ha portato ad un risultato miracoloso. Non solo la salvezza della bambina ma il suo recupero completo. In quindici anni di lavoro non mi era mai capitato un caso portato a buon fine in questo modo. Abbiamo trattato altre volte casi di ipotermia ma erano più leggeri».
La bimba era stata portata con un elicottero arrivato da Bolzano all’ospedale di Trento, il più vicino viste anche le pessime condizioni meteo. Durante il volo aveva subìto un arresto cardiaco ed era arrivata all’ospedale trentino in condizioni gravissime.
Qui sono cominciate le manovre prima di tutto di circolazione extracorporea, dove il sangue viene ossigenato e viene tolta l’anidride carbonica. «Il sangue viene anche riscaldato per alzare la temperatura, che era così bassa da provocare un arresto cardiaco. Poi si è provveduto ad una ossigenazione extracorporea a membrane, usando un gas specifico per migliorare l’ossigenazione dei polmoni. E infine grazie al cielo abbiamo avuto come paziente una combattente magnifica».
Il professor Graffigna sottolinea anche l’accordo che esiste tra le tre province di Bolzano, Belluno e Trento, per utilizzare l’ospedale di Trento in caso non sia possibile raggiungere altre cardiochirurgie del Veneto. «Sono tre province dove si lavora tanto e in silenzio. E si ottengono risultati. E si collabora molto, sia in questo caso che con il 118».
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