Bimbo scomparso in Siria: «Mio figlio Ismail è vivo»

Il piccolo, che era stato portato via da Longarone dal padre, sta bene: «Posso rivederlo» dice la madre

BELLUNO

Ismail Mesinovic è vivo. Nessuno può saperlo meglio della mamma Lidia, che ha potuto riabbracciarlo, dopo anni di devastante lontananza. L’unico figlio che ha avuto da Ismar, il miliziano bosniaco dell’Is, che l’aveva portato via da Longarone nel dicembre 2013, per andare a combattere in Siria sotto le bandiere nere ed è morto ad Aleppo a gennaio dell’anno dopo, sta di nuovo crescendo come tutti i bambini della sua età.

Ismail Davud ha compiuto sette anni lo scorso 4 settembre, deve aver ricevuto un sacco di regali e, da grande, non farà il soldato del sedicente Stato islamico. Sarà un cittadino normale, con l’educazione che gli hanno dato la madre e il padre, quando ancora faceva l’imbianchino e frequentava pacificamente il centro islamico Assalam di Ponte nelle Alpi, senza mai aver incontrato l’imam e reclutatore Bilal Bosnic.

Lidia Solano Herrera non ha più pubblicato fotografie del piccolo sul suo profilo Facebook, ma è bastato un contatto su Messenger, con il garbo dovuto a qualsiasi donna, figurarsi a una madre, che poteva essere ancora addolorata e in pena per un figlio che non accarezza da anni, per vedersi rispondere: «Ciao Gigi, ho avuto notizie, grazie a Dio tutto bene». E lo dice così? Come se fosse tutto normale? Dopo il matrimonio con Mesinovic, nel novembre 2011, la bella ragazza cubana aveva dovuto indossare il velo islamico, soprattutto quando insieme al marito andava a trovare i suoceri a Teslic, nella Repubblica Serba di Bosnia. Ma da tempo non ce l’ha più e deve aver riabbracciato l’originaria fede cattolica, senza problemi.

Impossibile che la conversazione non continuasse. Cioè, sai dov’è? «Sì, ma non chiedermi di più grazie» la risposta. Ma puoi vederlo? «Sì». Sembra incredibile, ma poi viene in mente che nel giugno di due anni fa aveva preso consistenza l’ipotesi che il piccolo fosse stato affidato a una coppia di bosniaci che vivevano in Siria, di nome Bato ed Emina. Due che non sono mai stati identificati e non si sa dove si trovino al momento. Potrebbero essersi davvero occupati del piccolo bellunese, o in Medio Oriente o nella repubblica balcanica, dove vivono ancora i genitori di Mesinovic. Persone perbene, che hanno perso davvero un figlio e hanno avuto modo di vedere solo la foto del cadavere sul sito www.putvjernica.com, un indirizzo internet che, in quegli anni era molto informato sulle vicende e i destini dei foreign fighters che partivano dall’Europa, per andare a combattere all’inizio contro l’esercito del dittatore siriano Bashar Assad e poi per l’autoproclamato califfo Abu Bakr al-Baghdadi.

Lidia ha perso il marito, ma non si era mai rassegnata alla scomparsa del suo bimbo e l’ha cercato con tutti i mezzi possibili. Anche mettendosi in viaggio. Adesso dice di averlo ritrovato. È una bellissima notizia. È in Italia o all’estero? «Non voglio commenti ok grazie» la sua risposta. Comunque è vivo e sta bene: «Sì» è l’ultima ammissione. Sono felice per te. Tu vivi ancora a Ponte nelle Alpi? Potrò incontrarti con Ismail un giorno? Nessuna risposta, ma basta e avanza.

La donna non abita più a Ponte. Risultano un cambio di residenza e un ritorno a Longarone, dove viveva nella casa coniugale. Dice che c’è di nuovo Ismail. Dev’essere di nuovo una madre felice.





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