Bindi: «Sentinelle all’erta sul castello di Ponte»

La presidente della commissione parlamentare Antimafia ieri al Renier «Le mafie si presentano con il volto rassicurante e cercano le convenienze»
La presidente della Commissione antmafia, Rosy Bindi, visita le studentesse dell'istituto Renier di Belluno
La presidente della Commissione antmafia, Rosy Bindi, visita le studentesse dell'istituto Renier di Belluno

BELLUNO. Riflettori dell’Antimafia puntati sul castello di Ponte nelle Alpi. Lo annuncia Rosy Bindi, presidente dell’omonima commissione, di fronte agli studenti del Renier. «Era stato sequestrato, è stato dissequestrato. Il dubbio che fosse una proprietà appartenente ad un giro legato ad una famiglia dell’ndrangheta c’è stato. Ne seguiremo l’andamento, le sentinelle stanno all’erta».

Non voltarsi dall’altra parte, questo il primo passo per la lotta alla mafia secondo Bindi, ospite al Renier nell’ambito di un progetto dedicato agli anni ’70 curato dalle studentesse della 5B, indirizzo Scienze umane.

La presidente della commissione parlamentare Antimafia ha raccontato alle ragazze le evoluzioni della politica italiana soffermandosi in particolar modo sulle riforme degli anni ’70 che ancora oggi incidono nella vita del Paese: dalla riforma della sanità ai delicati temi del divorzio e dell’aborto. Tappe che l’Italia ha affrontato prediligendo il confronto allo scontro. «Il processo di riforma si è interrotto con la morte di Aldo Moro» spiega Bindi, «dobbiamo ancora recuperare». Senza dimenticare l’eredità di Luigi Berlinguer: la questione morale, tema di stretta attualità proprio in questi giorni.

Rosy Bindi ha poi incontrato le classi quinte. Nonostante il caldo e l’afa che si respirava in palestra gli studenti hanno ascoltato con attenzione l’excursus della Bindi sulle attività della commissione parlamentare. La questione meridionale, la pericolosità della ’ndrangheta, l’insinuarsi delle mafie anche al nord ad esempio nella sanità o nei porti. Ma anche, e soprattutto, le “zone grigie” nelle quali vivono e proliferano le infiltrazioni mafiose.

«Al nord le mafie sono arrivate senza fare chiasso, al contrario di quanto succede al sud dove si fanno riconoscere» spiega la presidente, «iniziando magari con un prestito ad un’imprenditore e arrivando alla conquista di quote societarie. Rompere l’omertà legata alla paura è più facile che rompere quella legata alla convenienza». Ecco perché è centrale, per Bindi, il lavoro nelle scuole, il dialogo con le nuove generazioni.

Anche a Belluno, territorio dove le infiltrazioni mafiose sembrano lontane e distanti. «In questa provincia mi sentirei di esprimere parole rassicuranti» commenta Bindi, «vale sempre la pena stare in guardia perché la forza delle mafie è la nostra sottovalutazione. Il negazionismo per molti anni ha caratterizzato Lombardia, Piemonte, Liguria ed Emilia Romagna, poi hanno dovuto constatare veri e propri insediamenti. Il Veneto è una situazione abbastanza serena da questo punto di vista anche se c’è una criticità forte nel Veronese, in settimana saremo in Friuli».

Una rassicurazione che però si accompagna all’invito a non abbassare la guardia: «Le mafie si presentano con il volto rassicurante, cercano le convenienze. Le intimidazioni spesso arrivano in un secondo momento. E comunque non c’è parte d’Italia che non sia libera dalle dipendenze dal gioco o dalla droga. E noi sappiamo che dietro queste fragilità le mafie ci sono».

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