Borgo Valbelluna: muore da sola nella casa di riposo, il figlio fa un esposto in Procura

TRICHIANA. Muore per Covid-19 in casa di riposo: esposto in Procura. Il figlio di A.C., 93 anni, deceduta nella casa di soggiorno per anziani “Madonna della Salute” di Trichiana ha chiesto alla magistratura d’indagare sulla struttura, che durante l’emergenza sanitaria è stata uno dei focolai più pericolosi della provincia.
Lunedì scorso l’uomo è andato alla stazione dei carabinieri, nel frattempo si era rivolto allo Studio 3A di Venezia, per avere giustizia. C’è già un’inchiesta da parte della magistratura, anche se per il momento senza indagati e ipotesi di reato; nel caso di Trichiana, c’è anche una denuncia da parte degli stessi operatori. Si tratterà di verificare eventuali profili di responsabilità e se siano stati osservati tutti i protocolli.
La vicenda dell’anziana è simile a quella di tanti altri degenti di una residenza, nella quale ci sono stati 53 positivi su un totale di 71 ospiti e una quindicina di decessi. La donna era stata ricoverata nel luglio di tre anni fa, perché non riusciva più a camminare da sola, pertanto non era autosufficiente. Ma era lucida, al di là di qualche difficoltà nell’esprimersi, dopo un ictus che l’aveva colpita circa trent’anni fa, ma dal quale si era quasi completamente ripresa. Stava bene in definitiva, almeno fino alla prima settimana di marzo, quando la residenza sanitaria ha vietato le visite, anche ai parenti più stretti.
Da quel momento i contatti con il figlio sono stati possibili solo tramite videochiamate o telefonate solo audio. La donna sembrava disorientata e soprattutto diceva di vivere una situazione di estrema confusione. Ma gli operatori socio sanitari avevano rassicurato l’uomo, garantendogli che era tutto sotto controllo. Il 12 aprile i contatti via telefono si sono interrotti. Non è stato facile sapere che la degente aveva la febbre, ma non un sintomo di una patologia grave.
Tutti i tentativi di avere un colloquio diretto si sono infranti contro una serie di scuse, ad esempio la mascherina indossata o l’effetto della morfina per i dolori. Solo dopo parecchie insistenze, gli operatori hanno dovuto ammettere che A.C. soffriva di stato di «grave debilitazione simil comatosa» perché probabilmente era stata contagiata dal Covid-19. Nei due giorni seguenti il figlio ha continuato a chiedere informazioni sulle sue condizioni fino a quando, il 21 aprile, gli è stato detto che la situazione si era aggravata, allo stesso tempo che la paziente non poteva essere trasferita in ospedale. La mattina dopo la donna è morta.
Le sue già pesanti perplessità sono aumentate, dopo la lettera di denuncia di 32 operatori della struttura, molti dei quali sono risultati a loro volta positivi, dal titolo «Ci avere lasciati soli, costretti a comprarci le mascherine». Una missiva che, fatta propria dai sindacati di categoria, ha portato anche a una visita da parte dello Spisal, i cui tecnici hanno fatto tutte le opportune verifiche sulla corretta applicazione dei protocolli sanitari.
Adesso c’è anche quest’esposto, che avrà come causa immediata l’apertura di un fascicolo. Omicidio colposo ed epidemia colposa i reati ipotizzabili. —
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