Bortolo Mainardi: «Cancellare l’ente sarà un’occasione»

Il commissario straordinario per l’alta velocità nel Nord Est e membro del cda di Anas, ragiona sulla Provincia: "Non credo proprio che il futuro socio economico dei bellunesi sia legato alla sopravvivenza o meno dell’ente"
BORTOLO MAINARDI
BORTOLO MAINARDI

BELLUNO

Bortolo Mainardi, commissario straordinario per l’alta velocità nel Nord Est e membro del cda di Anas, ragiona sulla Provincia: «Non credo proprio che il futuro socio economico dei bellunesi sia legato alla sopravvivenza o meno dell’ente o al logo sulle targhe delle auto. Erano altri tempi quando nel 1859 si organizzò il territorio in Province, Circondari, Mandamenti e Comuni. Dopo oltre 150 anni siamo in molti ad aver colto come e quanto sia cambiato il mondo».

Di cosa c’è bisogno oggi?

«L’economia reale non riesce più a sopportare i costi di una spesa pubblica improduttiva. Si imponga l’esigenza di una politica che riveda tutti i sistemi costosi, sia del funzionamento della democrazia che quelli di protezione sociale. Un conto è il costo di un welfare minimo (l’assistenza sanitaria, scolastica, ecc.), un conto è il costo infecondo, di tanti ed inutili enti pubblici senza ruolo, senza compiti, senza responsabilità e senza poteri concreti. Di fronte a una crisi finanziaria di portata epocale che con violenza inaudita sta incenerendo milioni di posti di lavoro in Occidente, di fronte ai sintomi di una recessione delle democrazie industriali, bisogna rendersi conto, come in ogni buona famiglia, che i costi vanno tagliati».

E a Belluno?

«La crisi è destinata a influire con decisione nei connotati della nostra civiltà. Tutti dobbiamo responsabilmente fare la nostra parte e, da bellunesi, dobbiamo riprendere con coscienza e azzerando gli stereotipi, i fili autentici della nostra storia di area di confine, cercando di capire una volta per sempre, come sia il linguaggio della geografia che riempie il racconto nello sviluppo e nella storia di un popolo. La mobilità e le comunicazioni, lo spirito e le relazioni tra i popoli sono il corpo e l’immateriale che formano società e cultura, il resto è futile folklore».

Cos’ è per lei la specificità?

«L’unicità dell’area bellunese non si caratterizza nella sommatoria delle identità o dei dialetti, bensì nel territorio che ci offre da vivere con prati, boschi, acque, paesaggi e prodotti dell’ingegno. Siamo storicamente una comunità organizzata moralmente su valori cristiani e accomunati da storie familiari e destini comuni, siamo una sana collettività che, dall’ambiente naturale ha saputo trarre linfa per vivere e, nella quale dispieghiamo ancora la nostra voglia di vivere: il nostro è un paesaggio estetico diventato paesaggio etico».

Non crede che, proprio per quello che dice, la Provincia sia indispensabile?

«L’occasione di riformare l’organizzazione del territorio non deve scoraggiarci, anzi. Potremmo rilanciare con coscienza e orgoglio una comunanza, che mai si è impressionata da effetti solo nominali, una forza di bellunesi uniti che invece candida la più ampia terra dolomitica come il Parco Naturale d’Italia, unico per identità e storia secolare».(i.a.)

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