Bortoluzzi, «c’era buona fede»
TAMBRE. Fallimento Bortoluzzi sas. Un’intera famiglia è stata condannata per bancarotta fraudolenta con pene tra i cinque e i due anni. La sentenza sarà impugnata, intanto Johnny Bortoluzzi, che ha preso due anni e un mese, precisa tramite l’avvocato Moretti: «Le operazioni tramite le quali, secondo l’accusa, Bortoluzzi avrebbe partecipato ad un disegno di frode ai danni dei creditori della società fallita, sono state in realtà compiute in perfetta buona fede, alla luce del sole, con l’obiettivo di avviare una propria attività che in effetti, come detto, tuttora prosegue tramite la Costruzioni Generali 3B. Giova altresì alla correttezza e alla completezza dell’informazione sottolineare che a Johnny Bortoluzzi sono state contestate solo due delle diverse operazioni ritenute illecite, per un valore ben distante dai complessivi 3 milioni e 120 mila euro che secondo l’accusa sarebbero stati distratti».
Nel dettaglio, «la prima di queste due operazioni, la vendita di un immobile - compiuta da una srl di cui Johnny Bortoluzzi non era amministratore, ma è stato, per un periodo limitato, socio tanto è vero che non ha preso parte in alcun modo al relativo atto notarile - concerne un corrispettivo di 280 mila euro. La seconda, la vendita di una serie di beni strumentali, prevedeva un corrispettivo di 300 mila euro, di cui la Costruzioni Generali 3B ha pagato, come riconosciuto dallo stesso curatore del fallimento Bortoluzzi, ben 200.000 euro, parte dei quali dopo una transazione, in quanto la 3B riteneva non dovuto l’intero corrispettivo richiesto a causa di vizi riscontrati su quanto acquistato. Lo stesso curatore fallimentare ha riconosciuto di ritenere possibile che i beni in questione avessero in realtà un valore inferiore rispetto a quello del prezzo stabilito per la vendita.
Insomma, «non è vero che i debiti assunti verso la Bortoluzzi sas dalle varie società menzionate, tra le quali viene inserita anche la Costruzioni Generali 3B, non sarebbero mai stati pagati: una buona parte di essi, per quanto concerne la società ora amministrata dal mio assistito, è stata in realtà pagata e per la parte non saldata sono state addotte delle ragioni a giustificazione». (g.s.)
Riproduzione riservata © Corriere delle Alpi