Busa delle Vette, pastorizia praticata più di 1500 anni fa
Una presenza stanziale di pastori che risale nelle sue testimonianze più antiche al quinto secolo ma che sono ormai provate fino al quindicesimo secolo. Non smette di regalare sorprese e soddisfazioni la campagna di scavo archeologica agli oltre duemila metri di quota della Busa delle Vette, non lontano dal Rifugio “Dal Piaz”, dove gli archeologi hanno la loro base.
Cominciati in fase preliminare nel 2013 su spinta di Piergiorgio Cesco Frare,gli scavi hanno poi permesso di scoprire quanto quell’area fosse un esempio di come la pastorizia sia riuscita a svilupparsi anche a una quota che va oltre gli standard conosciuti, fissati attorno ai 1.800 metri. L’attività svolta ha permesso di accertare la presenza dell’uomo sulle Vette Feltrine oltre 1500 anni fa con la pastorizia a fare da collante alle mansioni quotidiane.
Fabio Cavulli e Anna Luisa Pedrotti, entrambi dell’Università di Trento, e Francesco Carrer dell’università inglese di Newcastle concluderanno domani la loro attività stagionale. Tanto il materiale recuperato e da catalogare per dare ulteriore significato all’attività archeologica. Domenica scorsa, in occasione della giornata dedicata alle visite guidate con scavi aperti, sono stati parecchi gli escursionisti saliti per vedere di persona e farsi spiegare come si sta sviluppando la ricerca.
E gli archeologi hanno potuto testimoniare il successo dell’operazione che si svolge in accordo con la Soprintendenza e con il Parco delle Dolomiti bellunesi di cui quest’anno cadono i 25 anni.
Dalle prime ricerche che nel 2014 hanno individuato due recinti pastorali risalenti al X e XV secolo, la campagna di scavi si è poi spostata nel 2016 al di fuori, ma non lontano dai recinti pastorali, dove è stata individuata quella che doveva essere una capanna utilizzata dai pastori in età ancora precedente: «Abbiamo rinvenuto molto materiale in ceramica», afferma Francesco Carrer dell’università di Newcastle, «che i pastori dell’epoca portavano in quota e tanti frammenti in ferro e bronzo che facevano parte di oggetti di uso comune. Infine molte ossa, soprattutto di ovocaprini, che erano gli animali allevati qui. Ci sono le prove per una presenza stanziale sul luogo, con i reperti più antichi risalenti al V secolo. La capanna è stata certamente occupata anche nel VII e VIII secolo e si tratta di una cosa abbastanza particolare visto che ci troviamo oltre quota duemila metri. E soprattutto, sembra che al di là dei momenti più o meno floridi dell’economia del fondovalle, quassù l’attività procedesse in modo continuo».
Domani si chiude la campagna 2018 di scavi: «Siamo molto soddisfatti», aggiunge ancora Francesco Carrer, «abbiamo raccolto molto materiale e una serie di dati che dovremo analizzare nei prossimi mesi. I reperti sono molto interessanti. Domenica scorsa abbiamo deciso di dedicare una giornata alle visite degli escursionisti e devo dire che ho notato parecchio interesse. Anche nei giorni feriali c’è sempre qualcuno che si avvicina per chiedere informazioni». —
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