Caccia, in 17 riserve le doppiette appese al chiodo

Caccia. Gli effetti della sospensiva del Tar Allevatori preoccupati: «Saremo invasi dagli ungulati»
Di Paola Dall’anese
Cacciatori in una immagine di archivio. La pre-apertura della caccia ha un impatto ''gravissimo'' sulla fauna. L'allarme arriva dal Wwf, che mette in guardia sulle conseguenze di anticipare la stagione venatoria nei giorni 1 e 4 settembre. ANSA/ETTORE FERRARI
Cacciatori in una immagine di archivio. La pre-apertura della caccia ha un impatto ''gravissimo'' sulla fauna. L'allarme arriva dal Wwf, che mette in guardia sulle conseguenze di anticipare la stagione venatoria nei giorni 1 e 4 settembre. ANSA/ETTORE FERRARI

BELLUNO. Tutti a casa. I cacciatori di 17 riserve (su 67) hanno lasciato il fucile appeso al chiodo. Gli effetti della sospensiva del Tar Veneto, dopo i ricorsi di alcune associazioni ambientaliste, si fanno sentire. E intanto protestano anche alcuni agricoltori, che vedono nell’attività venatoria un modo per tenere lontano dai loro campi cervi e caprioli.

Pochissimi, ieri, gli appassionati nei boschi: tutti muniti di cartucce atossiche e solo per la caccia alla lepre. A soffrire di più per le limitazioni imposte alla stagione venatoria fino alla fine di ottobre, sono soprattutto le aree alte della provincia. «L’intero Comelico è rimasto praticamente a casa», precisa Leandro Grones, coordinatore provinciale delle riserve, «visto che è quasi interamente zona protetta con aree Sic e Zps. C’è poi tutta l’asta del Piave e la zona intorno alle Marmarole, ma anche lo Zoldano è fortemente penalizzato. A queste aree si aggiunge anche la parte bassa della provincia: il Feltrino con Seren del Grappa e Lamon; l’Alpago con Tambre; l’Agordino con Taibon e Canale. Stop forzato anche ad Auronzo, dove il 60% del territorio è area protetta e poi Domegge. Insomma, i risvolti sono pesanti. Speriamo che la situazione si risolva al più presto».

Ma la protesta coinvolge anche gli agricoltori. A dare voce alla categoria è il presidente della Latteria di Livinallongo, Cristian Grones. «Rappresento 19 allevatori alle prese con cervi e caprioli, Gli ungulati invadono i nostri campi per mangiare e metteno a serio rischio il foraggio per il bestiame. La stagione venatoria e la caccia, , oggi limitata a chi possiede munizioni atossiche (quindi di fatto bloccata), rappresentano per noi la possibilità di veder ridotta l’invasione nei nostri territori da pòarte di questi animali. Se tutto dovesse fermarsi, il rischio che gli ungulati si avvicinino sempre di più alle case è alto».

Per Grones «la caccia di selezione che viene praticata quassù in montagna, a differenza della pianura, è indispensabile e rappresenta un modo per riequilibrare il ciclo vitale. Senza cacciatori, questo equilibrio non ci sarà più».

Il timore degli allevatori è quello di «dover comportarsi come i nostri colleghi in Cansiglio, costretti a recintare tutto per salvarsi dall’aumento esponenziale degli ungulati. Ma qui in alta montagna non è possibile fare la stessa cosa».

Se la prende con questa sospensiva del Tar anche Paolo De Gasper, allevatore e consigliere comunale: «Da noi la caccia funziona per il 98%, non si capisce tutta questa confusione: da noi la stagione venatoria è importante».

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