Caccia, Reolon tuona: «A rischio l’autonomia delle nostre riserve»
BELLUNO. Una proposta di legge che va a scardinare il principio di autonomia delle riserve alpine di caccia. E intacca la specificità della Provincia di Belluno. È la proposta di legge (Pdl) 138, contenuto nel collegato alla finanziaria, presentato dalla giunta regionale del Veneto e che dovrebbe andare in discussione in consiglio martedì prossimo.
A preoccupare cacciatori e amministratori bellunesi è, nello specifico, la parte della norma che prevede che i direttivi delle riserve alpine comunali non siano più eletti dai cacciatori, ma dalle associazioni venatorie. «Attualmente la Provincia di Belluno è dotata di un regolamento in cui è stabilito che sono i cacciatori stessi a eleggere i propri rappresentanti tra coloro che sono iscritti alla riserva», sottolinea Sergio Reolon (nella foto piccola), ex consigliere regionale e già presidente a Palazzo Piloni, che ieri ha tuonato contro la proposta della Regione su Facebook. «Andando a modificare questo, come vorrebbe il consigliere Sergio Berlato, perché c’è lui dietro questa proposta, non si farebbe altro che togliere l’autonomia alle riserve, che verrebbero controllate da soggetti esterni. Il potere andrebbe in mano alle associazioni venatorie che, ricordiamolo, sono un sindacato di categoria e non devono avere responsabilità di gestione».
Se la proposta di legge dovesse passare «sarebbe un disastro per un territorio come quello della nostra provincia», sottolinea Leandro Grones, alla guida della riserva di caccia di Livinallongo.
Intanto da Palazzo Piloni fanno sapere che la presidente, Daniela Larese Filon, invierà in questi giorni una lettera al governatore del Veneto, Luca Zaia.
«In pericolo c’è l’autonomia delle riserve, ma non dobbiamo dimenticare che questo pdl regionale va anche a calpestare la legge 25/2014», sottolinea Pierluigi Svaluto Ferro, consigliere provinciale con delega a caccia e pesca. «Larese Filon farà presente a Zaia tutti questi aspetti, ricordando la specificità della Provincia e il fatto che caccia e pesca sono di nostra competenza. Approvare la proposta di Berlato non significherebbe solo tornare indietro nel tempo (a più di 30 anni fa, quando c’era l’organo gestore, ndr), ma anche complicare moltissimo dal punto di vista gestionale la vita delle riserve».
A confermarlo il comandante della Polizia provinciale, Gianmaria Sommavilla: «La norma che andrà in discussione può funzionare per gli ambiti territoriali di caccia della pianura, molto grandi. Non certo per il territorio bellunese. Dal punto di vista tecnico è impraticabile, visto anche il numero elevato di riserve in provincia, che sono 68 (più 10 distretti, ndr), e il fatto che, a eccezione di quelle più grandi che contano anche 200 soci, le altre ne hanno in media una cinquantina. Le più piccole meno di 10, che rischierebbero quindi di avere più rappresentanti nominati dalle associazioni venatorie che soci».
Il regolamento provinciale su caccia e pesca, datato 1994, «funziona benissimo, non ha senso andare a cambiarlo», ribadisce Grones. «La modifica va contro la legge 25. Perché in Regione continuano a muoversi in questo modo? La nostra realtà è simile a Bolzano e Trento, a Venezia devono prenderne atto una volta per tutte».
Reolon, da parte sua, fa inoltre presente il fatto che la proposta va anche a calpestare lo statuto regionale. E ricorda che c’è un altro passaggio preoccupante nel progetto di legge: «Viene introdotto il principio del nomadismo venatorio. Al momento è esclusa la zona delle Alpi, ma si apre uno spiraglio per poi spalancare la porta anche a queste aree. Un vecchio tentativo di Berlato che avevamo sconfitto 20 anni fa e che ora si ripresenta».
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