Cade sciando a Cortina, è meningite

Una donna cortinese è stata portata in ospedale prima a Belluno e poi a Treviso, dove è ricoverata in terapia intensiva

BELLUNO. È ricoverata in Terapia intensiva all’ospedale Ca’ Foncello di Treviso, una 57enne cortinese colpita da meningite da pneumococco, forma batterica e quindi non contagiosa, ma non meno grave, della meningite. Si tratta del primo caso dall’inizio dell’anno nell’Usl 1 Dolomiti.

I fatti risalgono a giovedì. Mentre stava sciando sulle piste cortinesi, la signora è caduta riportando un trauma alla schiena. Per questo è stata condotta all’ospedale di Belluno in elicottero. Qui i sanitari l’hanno sottoposta ad accertamenti, ma col passare delle ore la situazione clinica della 57enne si è aggravata. A questo punto è stato deciso il trasferimento via elicottero all’ospedale di Treviso, centro neurochirurgico specializzato e di riferimento per l’area vasta. Arrivata al Ca’ Foncello la donna presentava già febbre alta, malessere, rigidità dei muscoli della nuca: sintomi da cui i medici hanno ipotizzato una meningite. La paziente è stata ricoverata in Rianimazione e sottoposta a terapia antibiotica per via endovenosa. Gli esami di laboratorio condotti dalla Microbiologia hanno confermato la diagnosi di meningite da pneumococco, che non rende necessaria la profilassi sulle persone con cui la donna è venuta in contatto nei giorni precedenti la paziente.

«La situazione si è stabilizzata ma la prognosi resta riservata. Quello che possiamo dire, come per qualsiasi caso di meningite, è che ogni giorno che passa è una buona notizia», afferma Roberto Rigoli, direttore del dipartimento di Patologia Clinica del Ca’ Foncello. Gli esperti della Microbiologia stanno lavorando per capire l’origine dello pneumococco sviluppatosi nella paziente. Nelle scorse ore è stato effettuato un tampone alla faringe e lunedì arriveranno i risultati delle indagini di laboratorio.

«Quello che ci preme è capire se anche questo caso di pneumococco è legato alla particolare aggressività dell’influenza stagionale», aggiunge il primario Rigoli, «i test in corso serviranno a comprendere se, come successo in altri casi, il batterio fosse già presente nella gola della paziente (accade nel 15% della popolazione che è portatrice sana) e se un virus influenzale abbia comportato un arrossamento della faringe, facilitando l’entrata dello pneumococco nel sangue: quando ciò accade il germe può arrivare con facilità alle meningi, vi si attacca e si moltiplica generando l’infezione».

Il direttore medico dell’ospedale bellunese San Martino, Raffaele Zanella precisa che «il batterio dello pneumococco è altamente diffuso nella popolazione e può diffondersi anche in seguito ad un trauma. In questo modo il microrganismo può raggiungere le meningi che coprono e sostengono l’encefalo e il midollo spinale. I sintomi sono uguali alla meningite causata dal batterio del meningococco (febbre, nausea, rigidità della nuca). La differenza è che in quest’ultimo caso occorre sottoporre ad una profilassi tutte le persone che hanno frequentato il paziente nei giorni precedenti il suo ricovero. La sua pericolosità sta, quindi, anche nella diffusione comunitaria del virus. Per poter vedere se si tratta di una forma virale o batterica della meningite è necessario fare una diagnosi differenziale sul paziente tramite la rachicentesi, cioè la puntura lombare con prelievo del liquor cefalorachidiano». ©RIPRODUZIONE RISERVATA

 

Riproduzione riservata © Corriere delle Alpi