Calano le nascite, «la colpa è della crisi»

Usl 2, il dg non è preoccupato per il -20% dei parti in due anni: «Tanti stranieri se ne sono andati altrove in cerca di lavoro»
Di Laura Milano

FELTRE. Parti diminuiti del venti per cento in due anni. Dai dati presi in esame nei primi semestri, si passa dai 480 bambini nati al Santa Maria del Prato nel 2012, ai 411 del 2013 fino ai 385 attuali. Il calo è costante e significativo. Ma il motivo è presto detto: «La flessione della natalità è il frutto della recessione economica, che determina l'esodo degli immigrati, compresi quelli stanziali e integrati, se non addirittura con l'acquisizione della cittadinanza, verso altri lidi, ove il mercato del lavoro non sia ancora saturo o verso altri Paesi europei, come la Francia, mèta ambita soprattutto dalla compagine magrebina». Di questo è convinto, dati alla mano e non generalizzati, il direttore generale dell'Usl 2, Adriano Rasi Caldogno che, se non nega l'evidenza socioeconomica che si riflette sul trend di una delle eccellenze del Santa Maria del Prato, sostiene la «professionalità di un'équipe, quella di ostetricia, che fa scuola quanto a presa in carico di mamma e nascituro».

Il tutto, continua il dg, favorito da un importante investimento, quello relativo al nuovo punto nascite, che ha arricchito il reparto: «Dobbiamo prendere atto che la riduzione della base occupazionale si è riflessa sulle fasce marginali dei lavoratori, quelli appunto senza vincoli di stanzialità, costretti o a tornare al paese di origine o a emigrare altrove», commenta Rasi. «Tutto questo non può non avere delle ripercussioni sul calo demografico, tenuto conto che gli indici di fertilità più prolifici sono proprio quelli delle donne immigrate».

Un dato socioeconomico di cui si è tenuto conto nello stesso piano di zona, aggiornato al 2014 ed elaborato in collaborazione con la conferenza dei sindaci: al tavolo di lavoro “area immigrazione”, si è infatti proposto di non attivare alcuna iniziativa pianificatoria, se non quelle di mantenimento di chi resta in Italia in situazione di estrema povertà, non avendo alternative di genere.

Tornando al calo di parti, il direttore Rasi Caldogno ammette che sull'aspetto “alberghiero” del reparto bisognerebbe mettere mano, ma esclude che la promiscuità dei servizi igienici (un bagno comunicante con due stanze di degenza da quattro posti letto ciascuna), determini una voce di fuga. «Il problema strutturale che riguarda analogamente anche il reparto di chirurgia passa sicuramente in secondo piano rispetto alla qualità e all'eccellenza della cura alla persona. Intendiamo del resto impegnarci anche sul fronte del comfort, laddove si presentino, come in questo caso, situazioni non del tutto adeguate. Ma è prioritaria la parte produttiva. In cima alla lista ci sono il completamento della piastra chirurgica, della nuova rianimazione e della radiologia. Non trascureremo l'aspetto alberghiero. Ma questo intervento sarà successivo».

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