Cambiamenti climatici, anche Belluno si riscalda

L'aumento
Belluno si riscalda come gli altri territori, d’Italia ma non solo. Che i cambiamenti climatici stiano avendo delle importanti ripercussioni sull’ecosistema è cosa nota. Così come si parla ormai da tempo del preoccupante fenomeno dello scioglimento dei ghiacciai. Ma i dati del Centro europeo per le previsioni meteorologiche a medio termine (European Centre for Medium-Range Weather Forecasts) mettono in primo piano alcuni aspetti inediti e che fanno riflettere.
Il Centro europeo, organizzazione intergovernativa che ha sede a Reading, nel Regno Unito, ha messo a disposizione le temperature di oltre 500 territori di tutta Europa dal 1900 a oggi. I dati sono stati rielaborati dall’European data journalism network (Edjnet) e offrono un interessante spaccato, in cui vengono messi a confronto le temperature medie annuali, il numero di giorni di afa e di quelli di gelo.
Ebbene, dall’analisi su 558 città, dalla Finlandia al Portogallo, è emerso che anche Belluno si riscalda. Nella classifica il territorio provinciale si colloca al 36° posto, con un’aumento medio della temperatura, dal 2000 ad oggi, di 0,88 gradi.
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Al primo posto c’è Granada, in Spagna, dove la temperatura negli ultimi 17 anni è di 1,59 gradi al di sopra della media del Ventesimo secolo. A seguire Córdoba, Linares poi Pori (in Finlandia) e Næstved (Danimarca).
Considerando un lasso di tempo ancora più ampio, dal 1900 allo scorso anno i cambiamenti climatici sono stati consistenti e i record di caldo in territorio bellunese si sono registrati negli anni 1994 1920, 2011 2014 2015.
Nel Ventesimo secolo il numero medio delle giornate calde all’anno (quelle in cui la temperatura media durante 24 ore è superiore a 20 gradi) è passato da 0.4 giorni all'anno nel Ventesimo secolo a 2.167 all'anno dal 2000 in poi. Il numero delle giornate di gelo (sotto i −1°C per 24 ore in media 24) è passato da 85.49 giorni all'anno nel Ventesimo secolo a 74.167 all'anno dal 2000 in poi.
Ma quali sono le ripercussioni sull’ecosistema e sulla sostenibilità umana e ambientale? Lo studio mette in evidenza che a temperature elevate l'asfalto esposto al sole comincia ad ammorbidirsi. D'altro canto, se la colonnina di mercurio si sposta verso l’alto si riducono i danni al manto stradale dovuti al gelo e quelli causati dallo spargimento del sale.
Quali dei due effetti andrà a prevalere sul medio-lungo termine non è ancora prevedibile. Si parla anche della possibilità di danni alle rotaie della ferrovia esposte al sole, nello specifico quando si superano i 30 gradi.
Altro tema, molto attuale in provincia, quello delle encefaliti e delle erlichiosi trasmesse dalle zecche: i numeri sono in aumento negli ultimi decenni, probabilmente a causa delle temperature più elevate. Da considerare anche gli effetti nocivi che le ondate di caldo possono procurare alla salute, specie delle categorie più fragili e a rischio.
L'esperto: tra le conseguenze il regresso dei ghiacciai
Le Alpi, insieme alla Scandinavia, sono le aree in cui il “break meteorologico” verificatosi alla fine degli anni Ottanta del secolo scorso ha inciso di più.
Gianni Marigo, meteorologo climatologo dell’Arpav di Arabba, è un profondo conoscitore delle particolari condizioni territoriali delle montagne bellunesi e un attento divulgatore di una materia che richiede più di un’occhiata veloce ai bollettini che quotidianamente l’Arpav mette a disposizione.
I dati di Edjnet corrispondono alle elaborazioni che quotidianamente porta avanti con il suo lavoro?
«Per quanto riguarda la tendenza climatologica direi di sì. Dal 1900 al 1980, tra anni più caldi e anni più freddi, l’andamento è stato complessivamente costante. A partire dalla fine degli anni Ottanta si è assistito a un vero e proprio “break meteorologico”, con un sensibile rialzo delle temperature, con valori sopra la media. Questo cambiamento ha interessato in particolare la Scandinavia e tutta l’area delle Alpi, quindi anche la provincia di Belluno. Le località in alta quota hanno risentito in modo maggiore degli effetti del riscaldamento. Un fenomeno comune a tutte le Alpi. Di conseguenza, i giorni di caldo aumentano e diminuiscono quelli di freddo».
In che modo i ghiacciai “rispondono” ai cambiamenti climatici?
«I ghiacciai sono sensibili alle fluttuazioni di temperatura. Gli effetti si vedono però nel lungo periodo, molto lentamente. I valori sopra la media hanno contribuito a un regresso delle masse di ghiaccio, pensiamo a quella della Marmolada. Se il trend non cambierà, ossia se la colonnina di mercurio continuerà a salire, dovremmo aspettarci un’ulteriore riduzione e un vero e proprio ritiro. Se le temperature rimarranno costanti, in ogni caso si arriverà a un equilibrio diverso dei ghiacciai, che comunque vedranno diminuire superficie e spessore. Da sottolineare il fatto che sono molto più dannose le ripetute estati calde degli inverni estremamente nevosi. In sostanza, anche se fa freddo, riguadagnare “terreno” è pressoché impossibile».
L’aumento delle temperature è la sola causa del regresso dei ghiacciai?
«Assolutamente no. La fusione delle masse di ghiaccio è provocata anche dall’inquinamento, che va ad amplificare gli effetti delle temperature più alte. Basti pensare che i ghiacciai, in alcuni punti, stanno diventando di colore grigio o addirittura nero. Questo perché si trovano relativamente vicini a zone molto antropizzate e il residuo dei combustili determina il deposito di materiali di vario tipo».

*Aggiornamento del 3 ottobre. Dopo la pubblicazione, lo European Data Journalism network ha riscontrato un errore nell’elaborazione – coordinata da J++, Vox Europe e OCB Transeuropa – dei dati di 38 delle 558 zone europee esaminate. L’errore ha riguardato per l’Italia le zone di Belluno, Piombino e Aosta. Abbiamo provveduto a rettificare le informazioni inizialmente riportate in questa pagina.
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