Camionista perde il lavoro e maltratta i familiari «La vita come un inferno»
Perde il lavoro e maltratta la moglie e i figli. Quando è rimasto a casa e ha dovuto occuparsi della famiglia, un camionista di Longarone avrebbe commesso dei reati: dalla violenza privata a quella sessuale e ai maltrattamenti.
Ieri, durante la lunga deposizione in tribunale, la donna ha avuto una crisi di panico, costringendo la presidente del collegio Feletto all’interruzione.
A scuola una delle due figlie aveva scritto un tema, nel quale raccontava un sogno che finiva con l’omicidio della madre. Il procedimento è partito d’ufficio, ma c’è anche una querela presentata da una delle due ragazze per un inseguimento in macchina da violenza privata, oltre che da pericolo di farsi male. La madre di famiglia ha sempre nascosto tutto, evitando di confidarsi anche con la sua migliore amica, tra il 2011 e il 2013: «Mi vergognavo e coprivo i segni delle violenze con gli abiti, soprattutto quando sono stata colpita dall’anoressia, dimagrendo tantissimo. Una volta mi ha preso per il collo, costringendomi contro una parete di casa. Mi insultava con parole come stupida e cretina e mi accusava di avere un amante, individuandolo in un professore. Non era vero, ma intanto spiava il mio telefonino e leggeva i messaggi».
Il marito le avrebbe messo diverse volte le mani addosso, minacciandola e costringendola ad avere rapporti sessuali quasi quotidiani: «Ho preso schiaffi e, in una occasione, mi ha quasi soffocata. Di solito dormivo sul divano, ma mi portava sul letto di nostro figlio, dove mi spogliava, costringendomi poi ad avere rapporti completi. Provavo a dirgli di no, ma aveva più forza di me e non riuscivo a fermarlo. Sembrava un diavolo».
Il clima in famiglia condizionava i figli, anche nel loro rendimento scolastico, questo fino alla separazione consensuale. Una delle due ragazze ha raccontato quello che sarebbe successo la sera del 30 settembre 2017: l’uomo era stato fermato sulla sua Mercedes dai carabinieri per un controllo, all’altezza del centro commerciale Veneggia e la giovane donna l’ha riconosciuto, passando di là. Quando è ripartito, prima ha cercato di tamponarla e poi di farsi tamponare, rallentando bruscamente, frenando senza motivo e procedendo a zig-zag: «Quel giorno ho avuto paura di morire, ma la cosa si è ripetuta anche sabato scorso, quando ho scoperto che qualcuno mi aveva allentato tre bulloni di cinque di una delle ruote. Ne ho prese tante, tra calci e sberloni e stavo talmente male da arrivare a pesare 45 chili».
Il controllo è stato confermato dai carabinieri citati dal difensore di parte civile Ianese. L’imputato è difeso da Conte e Spinazzè e nell’udienza del 19 febbraio testimonieranno il figlio maschio e quattro testi della difesa. —
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