Cancia, frana evitabile? Si torna in aula

La Cassazione accoglie il ricorso di alcuni residenti e annulla la sentenza di archiviazione del reato di disastro colposo
Di Sabrina Tomè

BORCA DI CADORE. Tragedia di Cancia, si torna in aula per disastro colposo. Lo ha deciso giovedì la Cassazione, quarta sezione penale, che ha annullato con rinvio per nuovo esame la sentenza di archiviazione del gup di Belluno accogliendo il ricorso presentato da una famiglia di residenti in via Antelao. Il tribunale dovrà dunque riesaminare l’ipotesi di reato più grave che era stata contestata dalla Procura a sette indagati, ma rispetto alla quale il giudice Giorgio Cozzarini aveva deciso nel febbraio dello scorso anno il non luogo a procedere. Le motivazioni della Suprema Corte verranno rese note nel termine di 30 giorni. I ricorrenti - la famiglia di Mario Stefani rappresentata dagli avvocati Sergio Calvetti e Pamela Rizzo - avevano chiesto l’annullamento puntando sulla carenza di motivazione. In estrema sintesi: se la sentenza del gup ha stabilito, di fatto, la prevedibilità dell’evento, non altrettanto ha fatto con l’evitabilità dello stesso. «Il giudice», precisano i legali, «avrebbe dovuto accertare, al fine del rinvio a giudizio, se ciascuno degli imputati avrebbe potuto, osservando le regole cautelari, impedire il verificarsi del disastro». Il riferimento è a un elemento specifico: la presenza di un grande edificio in disuso, il Minoter, all’interno del bacino di contenimento costruito per fronteggiare le frane che colpiscono periodicamente il territorio di Borca di Cadore. Se quell’edificio fosse stato abbattuto (cosa che secondo il perito doveva essere fatta), la valanga di detriti che la notte tra il 17 e 18 luglio 2009 si staccò dal versante sudoccidentale dell’Antelao provocando il collasso e il crollo della vasca e uccidendo due persone, avrebbe avuto esiti diversi? È questo l’interrogativo che, secondo i ricorrenti, non ha trovato risposta nella sentenza di primo grado. «Il gup si è affrettato a concludere che vi è incertezza su quale sarebbe potuto essere il risultato sulla colata detritico-torrentizia qualora detto edificio fosse stato demolito», si legge nel ricorso. Quindi, spiegano gli avvocati Calvetti e Rizzo, «manca la prova che, laddove gli imputati avessero agito in modo da evitare che il flusso della colata si dirigesse proprio nella zona dove si trovano gli edifici di proprietà delle parti offese, si sarebbe certamente verificato altro disastro con conseguenze di identica portata e gravità».

Di qui la denuncia «di una grave carenza di motivazione in ordine all’evitabilità dell’evento» e la necessità di affrontare il dibattimento proprio per verificare tale aspetto.

La frana di Borca è stata ritenuta prevedibile dal tribunale, tant’è che cinque persone sono ora a processo per omicidio colposo. L’evitabilità è strettamente connessa invece al reato, pesante, di disastro colposo che ora il tribunale di Belluno dovrà riesaminare. Sette le persone alle quali la Procura aveva contestato tale violazione: Sandro De Menech, progettista del bacino di contenimento, Ermanno Gaspari e Alvise Lucchetta responsabili dell’ufficio regionale del Genio civile, l’ex sindaco di Borca Massimo De Luca, il responsabile dell’ufficio tecnico del Comune Vanni De Bona, Antonino Buttacavoli e Luigi Asciuttio direttore tecnico e capocantiere della ditta che costruì il bacino di contenimento.

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