Cannicci: «Chiediamo solo sostegno»
SOVERZENE. «Non vogliamo regali, ma un sostegno per usufruire degli strumenti che ci sono per aiutare gli imprenditori». Paolo Cannicci non vuole chiudere la Sover. Il grido di allarme lanciato venerdì, quindi, va letto proprio come l’esasperazione di un imprenditore che si sente strangolato da un apparato burocratico che sembra non voler dare alcun supporto.
Sover, l’azienda della famiglia Cannicci, aveva chiesto al Governo di farsi garante, attraverso l’agenzia Invitalia, di un prestito per far fronte alla crisi finanziaria che, all’inizio dell’anno, aveva colpito l’impresa. La risposta avrebbe dovuto arrivare entro 30 giorni, ma ce ne sono voluti 150, ed è stata negativa. «Eppure abbiamo tutti i requisiti per accedere al fondo», spiega Cannicci. «Per ottenere quella risposta abbiamo dovuto sollecitare chiunque, anche il Prefetto, e cosa abbiamo ottenuto? Un fax di quattro righe, privo di data, in cui, senza un motivo, ci veniva negata la richiesta».
A generare le difficoltà finanziarie di Sover sono stati molti fattori. La crisi dei mercati, che ha costretto ad abbassare i prezzi di vendita, la difficoltà di accesso al credito perché le banche hanno stretto i cordoni della borsa, soprattutto, il ritardo nei pagamenti da parte dei clienti: «Avanziamo molti soldi, soprattutto da clienti italiani», spiega Cannicci. Sembra che l’azienda avanzi oltre un milione di euro.
Sono queste le ragioni che hanno spinto i vertici di Sover a usufruire degli strumenti che sono a disposizione delle aziende in difficoltà. «Noi non vogliamo regali, non si tratta di soldi che ci verrebbero dati, come si fa con il Sud Italia. Non stiamo parlando di contributi a fondo perduto, ma di un supporto. Noi imprenditori del Nord est per anni abbiamo esportato benessere, e questi sono i risultati». C’è amarezza, nelle parole di Cannicci, perché la sua è un’azienda sana, che nonostante la crisi riesce a «portare a casa ordini».
La riorganizzazione aziendale che era stata studiata in primavera, quando l’imprenditore decise di chiudere il reparto di produzione lasciando a Soverzene solo la parte commerciale, deriva dalle difficoltà di cui si è già accennato: «È stato un passaggio obbligato per evitare un peggioramento ulteriore sul piano finanziario», afferma. «Abbiamo tutta l’intenzione di tenere la parte commerciale a Soverzene». La famiglia Cannicci ha in mano anche un piano di rilancio, che prevede proprio il potenziamento della parte commerciale e una cura delle esportazioni, ma «prima di tutto bisogna risolvere la crisi finanziaria».
Alla fine Cannicci prova a mostrare un po’ di ottimismo: «Un imprenditore deve essere ottimista, ma stavolta dobbiamo anche essere realisti. Siamo in scacco sul piano finanziario, possiamo mettere nuovi capitali ma non basteranno per rimanere nel mercato. È fondamentale un sostegno da parte delle istituzioni».
Sul caso interviene anche il presidente di Confindustria Cappellaro: «Mi rammarico per quanto sta succedendo alla Sover. Rischiamo di perdere un’altra azienda di riferimento per il nostro territorio, con una storia e un know how di alto profilo. Non è assolutamente accettabile il mancato rispetto da parte dello Stato dei tempi di riscontro e di risposta previsti per legge a una domanda. Diventa altresì vitale che sia la Regione, attraverso gli strumenti a sua disposizione (ad esempio Veneto Sviluppo), sia il Governo, elaborino al più presto un concreto piano di rilancio della politica industriale del paese. È già scaduto il tempo per passare dalle parole ai fatti».
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