Cansiglio, «abbattere i cervi per salvare la storica foresta»
CANSIGLIO
Non c’è provincia, in Italia, che debba uccidere 2.500 cervi l’anno perché questi animali sono troppi e devastano i boschi. Un’ecatombe. Ma attenzione: mors tua, vita mea. Se gli ungulati non verranno contenuti di numero, c’è chi sostiene che il Bellunese resterà senza boschi, senza foreste. E se la montagna devastata dalla tempesta Vaia vorrà di nuovo le piante là dove sono state abbattute il 29 ottobre, di cervi bisognerà abbatterne il doppio. Forse anche di più. Altrimenti niente rinnovo del bosco, a meno che non si recinti pianticella per pianticella, oppure che le recinzioni siano di area più vasta, ma con costi proibitivi.
Si pensi che in Cansiglio si spenderanno 600 mila euro per “chiudende”, come vengono chiamate le protezioni, che riguarderanno 5 ettari ciascuna. Di tutto questo si è parlato ieri mattina sull’altopiano, in un convegno organizzato da Veneto Agricoltura all’Hangar, dove esperti di tutta Italia hanno discusso di come mettere in sicurezza i nuovi boschi dall’assalto degli ungulati. Pare che i cervi sull’altopiano non siano meno di 2 mila, forse 3 mila; il prossimo censimento si terrà ad aprile.
Per Giustino Mezzalira, dirigente di Veneto Agricoltura, forestale tra i più autorevoli in regione, il controllo di questa popolazione è inevitabile. Anzi – precisa – il controllo anche dei cinghiali e degli stessi lupi. «Sarà impossibile il rinnovo del bosco, là dove sono avvenuti gli schianti, se non si tengono lontani gli animali», afferma, «che anzi saranno ancora più numerosi trovando così ampi spazi liberi».
In Cansiglio, l’area in cui la pulizia è iniziata a pochi giorni dalla tempesta Vaia, prima che in qualsiasi altra parte del Bellunese, Veneto Agricoltura si è attrezzata di due prime recinzioni, proteggendo aree di pre-impianto da 3-5 ettari. Protezioni che resteranno in piedi almeno 10 anni. Ognuna ha un costo di 20 mila euro. E ne saranno necessarie una trentina, pari a 600 mila euro.
Se lo stesso modello verrà ripetuto in tutti i 12 mila ettari di schianti del Veneto (41 mila nel Nord Italia, secondo i dati più aggiornati del Ministero delle foreste), ci vorranno 50 milioni di chiudende. Una spesa inimmaginabile. L’alternativa? Ridurre al minimo la pressione degli animali verso le aree da rinnovare. Per fortuna, la Val Visdende o l’alto Agordino non hanno la pressione di ungulati di cui soffre il Cansiglio, ma le quote si stanno comunque alzando. Una decisione che si dovrà prendere nei prossimi mesi, ma senza troppi ritardi. Il Cansiglio ha il sottobosco devastato dai cervi; da qui la decisione di mettere in sicurezza la rinnovazione.
E da qui anche lo studio condotto dall’Ispra, per due anni di seguito, su una decina di cerve radiocollarate, che hanno comunicato 30 mila dati su tutte le loro peregrinazioni, sia dentro che fuori il bosco. Cerve che con la prima neve espatriano verso la pedemontana pordenonese, in aree così proibitive che neppure i cacciatori le raggiungono. Dire femmine è come dire branchi; esse si muovono a seguito del proprio gruppo. Sull’altopiano il sito più maltrattato da questa presenza è quello del golf, dove, guarda caso, non ci sono recinzioni. Solo l’abete rosso – così dicono gli studi presentati ieri – riesce a fronteggiare l’ingordigia di questi animali. L’abete bianco, il faggio, le altre latifoglie sono destinati alla tabula rasa. E dove questa esiste già (dopo il 29 ottobre), e magari beneficia di maggiore luce, non c’è rinnovazione del sottobosco che tenga. —
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