Cantiere Valsabbia, attivista condannato per averlo ripulito

Denuncia di Acqua bene comune dopo la sentenza. Intanto l’Europa chiede chiarimenti sugli iter per le centrali

GOSALDO. Aveva varcato il confine del cantiere di Eva Valsabbia in Valle del Mis e ora si ritrova con un decreto penale di condanna del gip: cinque giorni sostituiti con oltre 1300 euro di multa. A essere condannato è un attivista di Acqua Bene Comune, che aveva partecipato alla “giornata di pulizia” dai rifiuti dell’area del cantiere. L’attivista, secondo le accuse, avrebbe varcato la soglia, violando la disposizione del questore che riguardava l’ambito della manifestazione.

La notizia non è piaciuta ad Acqua bene comune, che ribadisce la “corresponsabilità” di chi era presente a quella giornata. «A due mesi dall’iniziativa in Valle del Mis, dove siamo andati a ripulire una parte della discarica abusiva che si trova all’interno del Parco, un nostro attivista è stato raggiunto da un decreto penale di condanna del Gip Vincenzo Sgubbi», spiega l’associazione.

Il decreto prevede l’arresto per cinque giorni, corrispondente all’ammenda di 1.360 euro, «per aver violato la prescrizione del questore che ci vietava l’ingresso nel cantiere, dove la Eva Valsabbia stava costruendo una centrale idroelettrica, ora bloccato da una sentenza della Cassazione, senza il minimo rispetto delle norme sulle aree protette e occupando abusivamente terreni di uso civico. Ribadendo la nostra corresponsabilità collettiva a quell’iniziativa, che denunciava l’immobilismo delle istituzioni competenti, che ancora non hanno proceduto alla riqualificazione ambientale di quei luoghi, vogliamo sottolineare, di contro, la celerità con cui la procura ha emesso il decreto, al quale ci siamo già opposti».

Secondo Acqua bene comune sono da evidenziare «le “due velocità” con cui si sta affrontando la questione della Valle del Mis: da una parte si condanna velocemente (con rito monocratico, senza possibilità di difendersi) chi è entrato in quell’area Patrimonio Mondiale dell’Umanità per ripulirla dalle immondizie abbandonate; dall’altra, nessun responsabile politico e tecnico si è dimesso o è stato sollevato dall’incarico, nonostante siano documentati i passaggi politici e amministrativi che hanno portato all’autorizzazione di una centrale abusiva. Paradossalmente, i primi a pagare non sono coloro che hanno contribuito, con violenza, a deturpare irrimediabilmente una parte di quella valle unica al mondo, ma coloro che stanno lottando per difenderla».

Una battaglia che continua, forte anche di un risultato: «La Commissione Europea, a seguito del nostro ricorso contro l’iper-sfruttamento idroelettrico nel Bellunese, ha richiesto chiarimenti alle autorità italiane sugli iter procedurali, e presto una delegazione del Comitato salirà a Bruxelles per incontrare la Commissione Petizioni, dove andremo a spiegare ciò che illegittimamente e in barba alle normative europee sta avvenendo sui nostri fiumi». (cri.co.)

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