Carducc, il «vate» che amava il Cadore
Ad Auronzo l'inaugurazione della mostra sul poeta
AURONZO. Certamente Giosuè Carducci non scelse le Dolomiti come meta per le sue vacanze in due diverse occasioni soltanto per ritemprare spirito e corpo.
Sappiamo bene come medici e colleghi lo avessero spinto a questa scelta con i loro consigli, in considerazione della sua accentuata pinguedine, dello stress da insegnamento universitario e pure delle prime avvisaglie di un attacco di apoplessia, che sembravano richiedere un tonificante esercizio fisico in ambienti tranquilli.
Ma il cinquantenne poeta, "vate" orai riconosciuto della 3ª Italia, venne quassù anche per nutrire la propria vena poetica con potenti scorci alpini e, più ancora, per ricercare spunti patriottici e nazionalistici in grado di nutrire la propria musa tirtaica.
Di ritorno dal soggiorno a Caprile nel 1886, che gli fece conoscere il Civetta, il Pelmo e la Marmolada, offrendogli pure il destro di una puntata a casa "di Sua Maestà apostolica per dargli il buongiorno", volle passare per Cortina e Pieve di Cadore attraversando il Falzarego e il Passo Tre Croci. Percorse allora la Val Ansiei, ricevette ad Auronzo gli omaggi dei democratici cadorini e soprattutto vide panorami che lo avrebbero indotto a tornare.
Nel 1892 era infatti di nuovo in Cadore, prima a Pieve, poi ad Auronzo, infine a Misurina, dove, dal 20 al 31 agosto, trovò ciò che cercava: tranquillità, gente semplice, panorami ineffabili e un confine tutto da contestare, atto ad assecondare al meglio la sua "vis" polemica, collerica e sanguigna.
Nel modesto albergo "Misurina", ebbe modo di comporre la parte centrale dell'ode "Cadore", che egli voleva portare a termine in tempo per le celebrazioni del XX settembre (Breccia di Porta Pia). E' comprensibile, quindi, come ogni suo sguardo, ogni sua emozione fossero mirati a sottolineare i concetti di patria e di risorgimento. Ad esempio la sua "storica" ascesa su monte Piana gli servì per ammirare le vette di confine ed annettere "spiritualmente" molte valli sottostanti da lui ritenute prettamente italiane e a lanciare la sua sfida "all'aquila bicipite e grifagna".
Tutto ciò nutrì la sua vena poetica nel comporre la nuova ode, ricca di riferimenti patriottici, per cui non solo Calvi, ma perfino Tiziano diventavano apostoli di una nuova guerra contro lo storico nemico. Nutrendosi di visioni ed affetti che solo la vera montagna e l'aria pura dell'alta quota potevano assicurare, Carducci fuse a suo modo storia e politica, regalando agli italiani brani di poesia autentica e non peritura.
I cadorini amarono subito quei versi, li impararono a memoria, li elessero a loro immagine e somiglianza e attraverso di essi si presentarono agli occhi di tutti gli italiani, ancora ignari della bellezza e della fierezza di questo comprensorio dolomitico da poco annesso al seno della Madre Patria.
La nostra gente si affezionò al poeta, sperò a lungo in suo ritorno, specialmente nel 1898, in occasione delle celebrazioni per il 50º dell'epopea di Calvi, si addolorò assai per la sua morte e gli dedicò una via, una piramide e un rifugio.
Un affetto che, pur nel trascolorare degli ideali e dei gusti in un secolo e più di storia italiana, rimane ancor oggi pregnante e tenace in Val Ansiei.
La mostra voluta dal Comune di Auronzo ripercorrerà quei felici momenti trascorsi dal Carducci in Cadore, ricostruendo gli spostamenti, le sensazioni provate, le opinioni espresse. Ma soprattutto i versi vergati dalla sua stessa mano all'ombra dei nostri abeti e larici, perché in essi si nasconde un patrimonio di poesia per lo più sconosciuto. Versi o lacerti di versi che magari non entrarono poi nella redazione definitiva dell'ode, ma che costituiscono, per la loro forza e talvolta per la loro "scorrettezza" politica, un eccezionale documento della storia del nostro Risorgimento.
Potremo così scoprire, tutti insieme, come l'ode "Cadore" rimanga oggi una lezione di storia, sia nel contenuto, sospeso tra il genio rinascimentale di Tiziano e le gesta di Calvi nel 1848, sia nella temperie spirituale in cui essa nacque e s'affermò. L'età della prosa insomma fusa a quella della poesia, in un nesso unico di eventi ed ideali che ci aiuta a capire meglio il nostro percorso in 150 anni di cammino comune.
Il Comune di Auronzo ha deciso di celebrare il 150º dell'Unità, recuperando una delle pagine più significative della sua storia, ovvero il fervido rapporto intrattenuto con uno dei simboli del nostro Risorgimento, Giosuè Carducci.
Al poeta "vate" sarà dedicata la mostra fotografica "Cadore, dalle Dolomiti un ode per l'Italia", curata da Walter Musizza in municipio. Essa ripercorrerà in una trentina di pannelli il soggiorno del poeta a Pieve, Auronzo e Misurina e riproporrà i momenti salienti della stesura dell'ode, con particolare riguardo ai versi vergati dalla mano del poeta, ma scartati nell'edizione finale e quindi caduti nel più totale oblio.
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