Caso Codivilla, Centofanti: «I pazienti rischiano amputazioni»

CORTINA. «I pazienti di osteomielite sono abbandonati. Dove li possiamo mandare? Che me lo dicano. Rischiano amputazioni e sono disperati». Il grido di allarme lo lancia il dottor Francesco Centofanti, per vent’anni primario dell’istituto Codivilla Putti di Cortina. Dal 29 aprile Centofanti è stato licenziato e fino a ieri nessuno lo aveva ancora ricontattato. La preoccupazione del medico è per i pazienti che non hanno un altro posto dove essere ricoverati e curati dopo la chiusura del Putti.
«I giorni passano e i nostri pazienti sono disperati», ammette Centofanti, «non sanno dove andare a curarsi. Tre giovani sono già in lista per l’amputazione. Non c’è infatti nessuna struttura ospedaliera in Italia che curi l’osteomielite come facevamo noi al Putti. Dalle altre parti li amputano». Ieri l’Oras ha assicurato che da giugno nel nosocomio ampezzano tutto riprenderà a funzionare, ma Centofanti resta preoccupato.
«L’osteomielite è sparita dalle schede ospedaliere», sottolinea l’ex primario, «io mi auguro che le promesse verbali fatte dal governatore Luca Zaia diventino realtà, ma per ora non vi è traccia di posti letto destinati all’osteomielite. Questa è una tragedia per i nostri pazienti. Quelli che erano stati mandati a Belluno sono già a casa. Altri che erano in lista di attesa per venire qui al Putti non sanno dove andare. Io ho il telefono che scotta. Mi chiamano i pazienti, i medici di base che non sanno come curare le osteomieliti, dove mandare i pazienti. Che mi dicano dove li devo mandare. Aver riaperto gli ambulatori per questa patologia non ha nessun valore. Gli osteomielitici non si curano in ambulatorio. Vanno ricoverati e seguiti. Hanno problemi settici acuti oltre che cronici. Se si recano in un pronto soccorso non sanno come curarli. Tamponano per far scendere la febbre che spesso supera i 39 gradi, ma non fanno altro perché non sono attrezzati né competenti e i pazienti finiscono nelle liste di interventi per le amputazioni».
L’osteomielite è una malattia subdola e pericolosa, i pazienti vanno curati in isolamento perché è anche infettiva. Nei reparti di infettivologia spesso curano la parte dedicata all’infezione ma poi non seguono la parte ortopedica, che secondo Centofanti deve andare di pari passo perché il paziente abbia un beneficio.
«Qui non stiamo parlando di un menisco o di un legamento rotto», continua l’ex primario, «per i quali chiunque può recarsi a Belluno, ad Agordo o in un altro ospedale. Non stiamo nemmeno parlando di una visita o di un esame radiologico che si possono posticipare. L’osteomielite è una malattia che va curata con ricoveri giorno dopo giorno e se i giorni passano senza che vengano prestate le cure si arriva poi a non poter più intervenire. I pazienti rischiano di vedersi amputati gli arti. Io sono stato licenziato, come i miei colleghi, il 29 aprile. Nessuno ci ha mai contattato. Mi sono presentato, ho seguito la riunione che era stata fatta, ho dato disponibilità per passare le consegne per fornire i vari quadri clinici. Se non vogliono riassumermi perché sono vecchio per me va bene. Io non ho problemi, ma i miei pazienti vanno salvati. Mi devono dire cosa rispondere alle persone affette da osteomielite che mi chiedono dove andare a curarsi. Io resto a disposizione, ma il tempo passa e attendere giugno, dopo che si sono avuti tre anni nei quali si sapeva che l’ennesima proroga alla sperimentazione si sarebbe conclusa, è avvilente. Mi auguro», conclude Centofanti, «che a giugno riapra anche l’osteomielite. Per ora si parla di ortopedia, riabilitazione cardiologia e neurologica. Anche se quest’ultima non è del tutto indicata a quote elevate come quelle del Codivilla. Intanto tre miei giovani pazienti rischiano l’amputazione. Cosa facciamo? Dove li mandiamo a curarsi?».
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